Ognuno ha la sua storia da raccontare quando si tratta di percorso scolastico e lavorativo. E ogni storia è diversa dall'altra, anche se riguarda lo stesso periodo o la stessa città: si passa dalla carriera inarrestabile alla delusione cocente, dal «lavoro che paga» a quello che non riesce nemmeno a far arrivare alla terza settimana del mese. Carlo, 32 anni, residente in uno dei più popolosi comuni dell'area Nord di Napoli, Melito, dopo aver letto lo sfogo di una mamma irpina che racconta del figlio 43enne e disoccupato, ha deciso di inviare a Fanpage.it la sua storia di lavoro precario e sottopagato: «Ho notato con piacere come stiate dando spazio a storie riguardanti la disoccupazione in Italia ed in particolare al Sud. Ho deciso, quindi, di raccontarvi la mia storia».
Quella di Carlo non è una storia che parla di sussidi come il Reddito di cittadinanza, né di posti negati o di mobbing al lavoro. Carlo è un sociologo, uno di quelli che processi del genere li studia. Uno di quelli che per laurearsi ha dovuto sgobbare dall'inizio:
Ho 32 anni, nato e cresciuto a Napoli, dove abito tutt'ora. Laureato in Sociologia, diversi corsi di formazione e specializzazione. Ho iniziato a lavorare all'età di 19 anni, mantenendomi in parte gli studi. Successivamente sono iniziate le difficoltà nel trovare un lavoro più stabile. Mesi di disoccupazione si sono alternati a lavori a tempo determinato come il servizio civile, animazione, call center.
Il turning point arriva qualche anno fa. Una «grande occasione» all'interno di una grossa compagnia assicurativa. Arriva la pandemia e il Covid, spiega Carlo, ha spezzato ogni slancio e opportunità per le partite iva. Dunque cambia tutta la prospettiva:
è stata dura e dopo 3 anni sono stato costretto a lasciare. La voglia di lavorare mi ha portato a fare l'operaio per qualche mese, giorno e notte, per poter guadagnare qualcosina. Certamente una mansione di molto al di sotto dei miei titoli ma pur sempre un lavoro onesto e dignitoso. La verità è che sono arrivato a 32 anni, dopo tanti sacrifici, senza prospettive per il futuro.
«Il futuro è un presente senza troppi perché» cantavano i 99 Posse negli anni Novanta. Per Carlo il presente è in tutto e per tutto uguale a quello degli altri italiani della sua età:
Solo lavori a progetto, co.co.co., determinati, e nonostante in ognuno di essi abbia spiccato per le mie capacità e abbia ricevuto attestati di stima, alla fine era più conveniente assumere altri precari piuttosto che offrimi un contratto serio. Le opportunità in giro sono poche e quelle che ci sono, sono al limite del ridicolo.
L'ultima? Lavoro da call center, full time di 40h settimanali, con retribuzione di 700 euro netti mensili (di 1/3 inferiore al contratto nazionale collettivo di lavoro) e in più 2 settimane di prove non retribuite (80 ore di lavoro gratis). Da denuncia.