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Esplosione a Ercolano

Società intestate, poi i botti illegali. Le sorelle delle gemelle morte: “Punzo sfruttava il loro stato di bisogno”

Dai racconti dei familiari delle vittime della tragedia di Ercolano emerge che Pasquale Punzo, sottoposto a fermo, avrebbe fatto leva sulle difficoltà economiche per sfruttare i tre, anche usando le gemelle come prestanomi.
A cura di Nico Falco
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Le gemelle Sara e Aurora Esposito, morte, con Samuel Tafciu, nell'esplosione ad Ercolano
Le gemelle Sara e Aurora Esposito, morte, con Samuel Tafciu, nell'esplosione ad Ercolano
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La tragedia di Ercolano del 18 novembre, in cui le gemelle Sara e Aurora Esposito hanno perso la vita insieme al 18enne Samuel Tafciu, sarebbe soltanto l'epilogo di una storia di sfruttamento durata da almeno un paio d'anni: Pasquale Punzo, ora in carcere sottoposto a fermo per omicidio volontario con dolo eventuale, avrebbe fatto leva sullo stato di necessità delle sorelle e della madre e le avrebbe sfruttate non solo per fabbricare i fuochi d'artificio illegali ma anche come prestanomi per le sue aziende. Il retroscena emerge dai racconti dei familiari delle vittime, agli atti nel provvedimento di fermo spiccato dalla Procura di Napoli nei confronti dell'uomo: ne parlano, tra gli altri, la madre delle gemelle decedute, le due sorelle e il compagno di una di loro.

Le società intestate alla madre delle gemelle

I rapporti tra Punzo e la famiglia, stando ai racconti forniti agli inquirenti, sarebbero cominciati un paio di anni fa. L'uomo sarebbe stato presentato alla madre delle gemelle da conoscenze comuni e, accortosi dello stato di estrema necessità della famiglia, avrebbe proposto alle tre di confezionare i fuochi d'artificio nella loro abitazione di Marigliano (Napoli). Non si sarebbe però limitato a questo: secondo una delle sorelle delle vittime avrebbe anche intestato alcune società alla donna, facendole fare sostanzialmente da prestanome, e versando in cambio ottocento euro al mese.

Dagli accertamenti degli inquirenti è emerso che, effettivamente, la madre delle ragazze risulta amministratrice unica di quattro società, attive nei settori della ristorazione e dell'ingrosso di apparecchiature elettriche e informatiche; in passato anche le due gemelle avevano avuto ruoli nelle società. Chiuse le aziende, ha raccontato la sorella delle vittime, la famiglia aveva avuto nuovamente difficoltà economiche e non riusciva nemmeno a pagare l'affitto, situazione che avrebbe poi portato allo sfratto e al trasferimento a Ponticelli, in una casa messa a disposizione dal trentottenne indagato.

Il trasferimento nella fabbrica abusiva di Ercolano

La madre delle gemelle aveva inizialmente cercato di coprire Punzo, che probabilmente vedeva come unica forma di sostentamento della famiglia, salvo poi decidere di parlare con gli inquirenti. Ha detto che il lavoro coi botti clandestini era cominciato circa un anno fa, prima nell'abitazione di Marigliano, e anche allora il ruolo delle tre era di attaccare gli adesivi sui botti già confezionati. Una situazione, ha spiegato la donna, di cui non conosceva la pericolosità, e a nulla erano valse le proteste delle altre due figlie.

Successivamente, quando era arrivato lo sfratto per la casa di Marigliano per affitti non pagati, il 38enne avrebbe fatto trasferire le tre in un'abitazione di Ponticelli in condizioni pessime. La circostanza trova riscontro anche nelle dichiarazioni rilasciate agli inquirenti da una delle sorelle delle vittime e del compagno di lei, secondo cui Punzo avrebbe prima proposto loro di andare a vivere nella baracca di contrada Patacca e poi nella casa che era senza pavimenti, porte e cucina. La madre e le figlie si erano trasferite nel quartiere di Napoli Est tre settimane prima della tragedia e da allora le ragazze avrebbero cominciato ad andare a lavorare nella baracca in cui era stata allestita la fabbrica, sempre per 150 euro a settimana a testa.

Il rapporto tra Punzo e Samuel Tafciu, la terza vittima

Anche per il ragazzo di origini albanesi gli inquirenti hanno dovuto affrontare ostacoli e reticenze nelle indagini: inizialmente i familiari della compagna hanno dichiarato che si trattava del suo primo giorno di lavoro. Successivamente la ragazza ha detto che, invece, Samuel Tafciu si recava in quella baracca da circa una settimana. Secondo quanto dichiarato dai familiari, poi, Samuel avrebbe lavorato per Punzo anche un paio di mesi prima, come operaio edile, sempre in nero.

I due, infine, si conoscevano bene: i familiari di Samuel hanno riferito che il 38enne è legato sentimentalmente con la sorella della fidanzata del ragazzo, versione confermata anche dalla giovane fidanzata della vittima; al contrario, la ragazza in questione sostiene che la loro relazione si è interrotta da un paio di anni, perché il 38enne ha avuto una figlia con la ex moglie, e che continua a vederlo soltanto perché ha paura che possa avere reazioni violente.

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