Sequestro lampo del 15enne, la trappola della Polizia per bloccare il rapitore a Pozzuoli

La trattativa per il rilascio, la promessa per pagare il riscatto da un milione e mezzo di euro, quindi la trappola, scattata nel punto concordato per il ritiro dei soldi: tutto ricostruito nell'ordinanza emessa oggi, 11 aprile, nei confronti di Antonio Pacheco Amaral de Oliveira, accusato di essere uno dei sequestratori del 15enne, figlio di un imprenditore, rapito lunedì mattina a San Giorgio a Cremano (Napoli), tenuto per ore legato e bendato in una casa di Barra e rilasciato nel primo pomeriggio a Licola.
Il momento del rapimento è stato ripreso in un video, registrato da una telecamera di sorveglianza: de Olivera sarebbe il conducente dell'automobile, sceso dalla vettura per aiutare il complice armato a far salire il ragazzo. Il gip ha convalidato il fermo e disposto il carcere per il 24enne, ex dipendente dell'autolavaggio del padre della vittima; l'accusa è di concorso in sequestro di persona a scopo estorsivo, con l'aggravante della modalità mafiosa.
L'appuntamento davanti ad un hotel di Pozzuoli
Dopo diverse ore, probabilmente spinti dalla pressione investigativa, i sequestratori avevano ceduto: avrebbero liberato il ragazzo con l'accordo che avrebbero subito dopo ricevuto il denaro. La trattativa era stata condotta sotto la supervisione della Squadra Mobile della Questura di Napoli, che dalle prime ore aveva avviato le indagini, coordinate dalla Procura, e col passare dei minuti stringeva sempre più il cerchio intorno ai rapitori.
Le intercettazioni su due numeri telefonici, quello del padre della vittima e quello del sequestratore, hanno portato ad individuare un terzo numero, in costante contatto col criminale. Era, con tutta probabilità, quello del complice. Su indicazione del primo, il secondo sequestratore ha liberato il ragazzino a Licola, nei pressi dello svincolo della Tangenziale. Poi il padre della vittima e il primo rapitore si sono accordati sul luogo dell'appuntamento: un hotel di Pozzuoli.
La struttura è stata immediatamente circondata dai poliziotti in borghese, che monitoravano i passanti pronti a scorgere ogni movimento sospetto. Poco dopo è arrivato Antonio de Oliveira: gli agenti lo hanno osservato mentre, sceso dall'automobile, si muoveva con fare sospetto, come se stesse aspettando qualcuno. Lo hanno bloccato e addosso gli hanno trovato la prima sim, ovvero quella usata per coordinarsi con il complice e per minacciare il padre del 15enne.
La confessione del 24enne
Il 24enne ha ammesso di avere preso parte al sequestro e ha indicato il luogo dove aveva buttato la maschera usata durante il rapimento, che è stata recuperata dai poliziotti. L'automobile con cui era arrivato era intestata a lui. Ed era nelle sue disponibilità anche l'appartamento del quartiere Barra dove il ragazzino era stato tenuto in quelle ore, legato ad una sedia e con un cappuccio a coprire gli occhi. Un secondo telefono è stato sequestrato dai carabinieri: una coppia lo aveva consegnato al gestore di un bar dicendo di averlo trovato a terra; il dispositivo è stato analizzato e sono stati riscontrati elementi pertinenti alle indagini.
Per gli inquirenti il sequestro è stato premeditato da tempo: è stata usata un'automobile rubata sei mesi fa, i rapitori usavano cellulari intestati a soggetti extracomunitari inesistenti, era già pronto il luogo dove nascondere la vittima e al padre è stato chiesto di parlare su un secondo numero di telefono per sviare le indagini.