Sequestrate aziende tra Napoli e Salerno: scaricavano nel Sarno scarti e rifiuti

I carabinieri hanno sottoposto a sequestro preventivo quattro aziende che, senza alcuna autorizzazione, scaricavano abusivamente le acque reflue nel fiume Sarno, causando un grave danno ambientale. I provvedimenti, due dei quali emessi dal gip di Nocera Inferiore su richiesta della Procura locale e gli altri due emessi dal gip di Torre Annunziata, sono arrivati al termine delle indagini condotte dai militari del Comando Tutela Ambientale e dai carabinieri Forestali, con la collaborazione dei tecnici dell'Arpac, e si collocano nel quadro di servizi specifici tutt'ora in corso sotto il coordinamento delle Procure di Avellino, Nocera Inferiore e Torre Annunziata per accertare le cause dell'inquinamento del fiume Sarno.
Le aziende sequestrate operano nel settore della metallurgia pesante e nell'attività conserviera, si trovano tra i comuni di Striano, in provincia di Napoli, e di Pagani e Scafati, in provincia di Salerno. I legali rappresentanti sono accusati tutti di scarico abusivo di reflui industriali e di abbandono di rifiuti speciali pericolosi e uno di loro è ritenuto responsabile anche di emissioni in atmosfera senza autorizzazione.
Nel dettaglio, il provvedimento riguarda l'azienda "I sapori di Corbara" di Pagani (produzione e commercializzazione di conserve alimentari, 17 dipendenti); la Srl "Fratelli Cavallaro Società Agricola" di Scafati (lavorazione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli, 30 dipendenti); la "Gimal" Srl di Striano (lavorazioni di metallurgia pesante, 30 dipendenti); la "Agriconserve Rega" di Sant'Antonio Abate (produzione e commercializzazione di conserve alimentari, 4 dipendenti), attualmente chiusa per pausa stagionale.
Durante le indagini, in particolare, è emerso che "I sapori di Corbara" scaricava nelle fogne, e da lì arrivavano nel Sarno, i reflui di lavorazione e lavaggio; la società "Fratelli Cavallaro", oltre ad avere l'autorizzazione scaduta da 5 anni, aveva accatastato scarti di lavorazione esposti agli agenti atmosferici e che, in caso di pioggia, l'acqua reflua finiva nel corso d'acqua vicino e quindi nel Sarno; la "Gimal" scaricava le acque derivanti dalle operazioni di saldatura, teflonatura, verniciatura, stampaggio e profilatura dei metalli e non aveva le autorizzazioni per le emissioni in atmosfera legate alle operazioni di verniciatura, teflonatura e saldatura; la "Agriconserve Rega" scaricava le acque reflue nel Canale Torrente (e da lì finivano nel Sarno) senza autorizzazione e senza trattamenti, smaltiva illecitamente fanghi e tra gli scarichi utilizzati c'erano anche quelli già chiusi dopo un precedente sopralluogo di agosto.