Dire in tv che “I meridionali sono inferiori” è linguaggio d’odio. Il Tar boccia Vittorio Feltri, Mario Giordano e Mediaset
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Chi parla di «meridionali inferiori» sta integrando una forma di hate speech, linguaggio d'odio. Lo dice chiaramente il Tar del Lazio, nella sentenza di metà febbraio che conferma una condanna dell'Autorità garante delle Comunicazioni contro RTI, ovvero contro Mediaset. Argomento: le dichiarazioni di Vittorio Feltri, giornalista, all'epoca direttore di "Libero" e oggi esponente politico di Fratelli d'Italia in Regione Lombardia, rilasciate quasi cinque anni fa, durante una puntata della trasmissione "Fuori dal coro", condotta su Rete 4 dal giornalista Mario Giordano.
Correva l'anno 2020: nel talk politico di Mediaset l'argomento principale era, ovviamente, la pandemia da Covid. Si parlava di Vincenzo De Luca e della sua decisione di chiudere la Campania per arginare il contagio proveniente dal Nord Italia (il paziente zero fu a Codogno, in provincia di Lodi, Lombardia) annunciata in maniera veemente a mezzo social, con le dirette Facebook, all'epoca seguitissime. Fu in quel momento che Feltri, collegato per partecipare alla discussione, se ne uscì con un ragionamento che scatenò polemiche e denunce:
Io credo che nessuno di noi abbia voglia di trasferirsi in Campania, perché dovremmo andare in Campania, ma a fare che cosa, i posteggiatori abusivi?
Il fatto che la Lombardia sia andata in disgrazia per via del coronavirus ha eccitato gli animi di molta gente, che è naturalmente nutrita da un sentimento di invidia o di rabbia nei nostri confronti, perché subisce una sorta di complesso di inferiorità; io non credo ai complessi di inferiorità, credo che i meridionali in molti casi siano inferiori.
La dichiarazione fu subito stigmatizzata. L'allora senatore Sandro Ruotolo, oggi europarlamentare e lo scrittore Maurizio de Giovanni, firmarono esposti all'Agcom, alcuni avvocati invece prepararono un esposto-querela ritenendosi diffamati in quanto meridionali. Nel 2020 la querela fu archiviata dal Tribunale di Milano: secondo i giudici le posizioni di Feltri, pur non rientrando in una fattispecie di reato («perché manca un soggetto identificabile a cui è rivolta l’offesa»), denotavano tuttavia «ignoranza tipica dei preconcetti e dei luoghi comuni».
L'Autorità garante delle Comunicazioni, invece, condannò RTI per quelle frasi e per il comportamento di Giordano. Motivo? Era stato violato il regolamento di contrasto all'hate speech. Agcom aggiungeva: «il conduttore della trasmissione non si è adeguatamente dissociato dalle dichiarazioni di Feltri riguardo i ‘meridionali'».
L'emittente impugnò la decisione e ora siamo arrivati alla fine: ricorso respinto dal Tribunale amministrativo del Lazio e RTI condannata al pagamento delle spese legali. La sezione Quarta del Tar Lazio, collegio giudicante composto da Maria Barbara Cavallo, presidente facente funzione, Gianluca Verico, referendario ed estensore, e Luigi Edoardo Fiorani, referendario, nella sentenza ripercorre i rilievi a Giordano e Feltri:
Le affermazioni reiteratamente proferite da Vittorio Feltri nei confronti di una categoria stereotipata di persone ("i meridionali") non sono suscettibili di contestualizzazione, stante la loro gravità.
«Il conduttore non solo non si è dissociato apertamente, ma è apparso da un lato ricondurre le affermazioni dell’intervistato ad un contesto ironico e dall’altro ha mostrato come unica preoccupazione […] non già l’offesa alla dignità delle persone interessate, ma la possibile perdita di audience.
Feltri si era giustificato dicendo che «si riferiva, evidentemente, alla situazione di sottosviluppo» e «alla situazione difficile dal punto di vista sociale». I siti specializzati sui problemi dell'informazione italiana, Articolo 21 e Professione Reporter, hanno chiesto al presidente della Federazione nazionale della Stampa Vittorio Di Trapani un commento alla decisione del Tribunale amministrativo:
Un verdetto chiarissimo e utile. Basta leggere anche solo questo stralcio per capire: «Il (…) diritto fondamentale alla libera manifestazione del pensiero la cui tutela, del resto, non può essere assoluta e incondizionata, dovendo tale principio costituzionale essere contemperato con gli altri diritti fondamentali della persona (…)’ Crediamo che questa vicenda rimandi con precisione cosa vuol dire seminare parole d’odio».