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“Se prende pure un voto tiene il problema”, a Melito candidata costretta a fare campagna elettorale per i rivali

Il clan Amato-Pagano avrebbe minacciato una candidata alle elezioni 2021 a Melito: se avesse preso voti avrebbe perso la casa o il bar.
A cura di Nico Falco
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Una donna di Melito, candidata alle elezioni amministrative del 2021, sarebbe stata minacciata da emissari del clan Amato-Pagano e costretta a fare campagna elettorale per la coalizione rivale. Emerge dall'ordinanza che ha portato in manette oggi 18 persone, arrivata al termine di indagini sulla presunta compravendita di voti: tra gli arrestati esponenti degli "Scissionisti" di Secondigliano e politici, tra cui Emilio Rostan, padre della ex deputata Michela (non indagata), e il sindaco di Melito, Luciano Mottola.

Per questa vicenda sono indagati Giuseppe Siviero, Francesco Siviero e Luigi Ruggiero, quest'ultimo candidato, che avrebbero agito per favorire gli Amato-Pagano; quarto indagato era anche Vincenzo Nappi, detto ‘o Pittore, referente degli Scissionisti per Melito, ucciso in un agguato di camorra il 23 gennaio scorso.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti gli indagati avrebbero costretto la donna, che era candidata a sostegno di Luciano Mottola, a non svolgere campagna elettorale per sé o per la propria coalizione ma a sostenere Ruggiero, indicato dai magistrati come il candidato designato dal clan, in virtù dell'accordo stipulato con Vincenzo Marrone, padre del candidato sindaco Nunzio Marrone (rimasto fuori al ballottaggio, non indagato).

In una delle intercettazioni Ruggiero, riferendosi alla donna, dice che "tiene il problema" e che "le fanno chiudere il bar"; " a posto – risponde l'altro – allora mò ci porta i voti a Luigi". In un'altra conversazione Ruggiero dice: "quella ormai non si può levare più… ormai le liste sono state presentate… quello ha detto che la lista sua… il nome suo da dentro qua deve uscire con zero voti"; e aggiunge: "ha detto che se esce pure con un voto tiene il problema".

I tre, si legge ancora nell'ordinanza, avrebbero prospettato delle "conseguenze" nel caso in cui la donna non avesse acconsentito: avrebbe dovuto lasciare la sua abitazione, tra le palazzine popolari del cosiddetto rione 219 di Melito, oppure sarebbe stata costretta a chiudere il bar che gestiva insieme al fratello. Alla donna sarebbe stato quindi consegnato del materiale elettorale e le sarebbe stato imposto di distribuirlo.

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