San Giovanni Battista si celebra il 24 giugno: le ampolle col sangue custodite a Napoli
Napoli è una delle città che conserva il numero più alto di reliquie. Tra esse vi sono anche due ampolle contenenti il sangue di San Giovanni Battista, il quale si è sciolto per la prima volta nel 1554 durante la celebrazione di una messa nel convento di Sant'Arcangelo a Baiano. Originariamente era solo una l'ampolla che proveniva dalla Francia, dove era stata conservata fin dal Duecento. In seguito, quando il convento napoletano fu soppresso a causa della cattiva condotta delle monache e il sangue del santo fu diviso in due ampolle e una fu affidata alle monache di San Gregorio Armeno e l'altra a quelle di Donnaromita. Il liquido ematico contenuto nella prima ampolla continua a sciogliersi regolarmente, mentre quello contenuto nella seconda ha interrotto ogni attività a partire dal Seicento. Il Battista è detto anche San Giovanni Decollato poiché il suo martirio avvenne per decapitazione.
Quando anche il monastero di Donnaromita venne soppresso, l’ampolla inattiva fu portata anch'essa nel monastero di San Gregorio Armeno e ha stranamente ricominciato a liquefarsi, anche se in maniera più ridotta, vale a dire con un semplice arrossamento e solo in occasione della festa del Santo. Attualmente è possibile vedere le ampolle in due momenti dell'anno: il 24 giugno e il 29 agosto.
Festa e le credenze al limite del profano
Il 24 giugno Napoli festeggia uno dei suoi 52 santi protettori con un rituale di origine pagana che si rinnova ancora oggi nella tradizione popolare: la festa di San Giovanni. Il rito incentra tutto sull'acqua, l'elemento purificatore per eccellenza. Le prime notizie della tradizione popolare in merito alla festa di San Giovanni risalgono al Quattrocento aragonese, quando i napoletani festeggiavano la ricorrenza con la Festa a Mare con una notte di euforia, durante la quale i napoletani facevano il bagno a mare nudi, cantando e ballando, invocando così l’antico rituale pagano legato al culto della sirena Partenope e del dio fallico Priapo. In tal modo sacro e profano si avvicinavano fino quasi a fondersi. Questo rito andò avanti fino al 1653, quando un emendamento del vicerè Garcia de Haro Sotomayor, conte di Castrillo, lo vietò considerandolo troppo esplicito. Un’altra antica tradizione praticata nel giorno di San Giovanni era legata alla fortuna in amore. Usando come strumento di divinazione le piantine d’orzo, la tradizione voleva che le ragazze in cerca di marito piantassero in un vaso di terracotta in prossimità del giorno della festa, dei semi d’orzo. Cresciute le piantine si tentava di leggere fra i germogli, il destino matrimoniale delle giovani. I vasi germogliati venivano poi esposti sui davanzali delle case delle ragazze, che nel giorno di San Giovanni chiedevano al proprio innamorato o agli spasimanti, dei regali.
Ai tanti aneddoti sulla festa di San Giovanni, si collega anche l'incontro amoroso tra re Alfonso d’Aragona e la Lucrezia d’Alagno, avvenuto in maniera del tutto casuale il giorno di San Giovanni. Si racconta che la ragazza uscita dalla Chiesa di San Giovanni andò incontro al re Alfonso, portando con sé il suo vaso pieno d’orzo e senza riserve, chiese il dono della festa. Re Alfonso colpito dalla bellezza della ragazza gli offrì un sacchetto di monete d’oro con l’effigie del volto del re. La ragazza prese le monete, dette Afonsini, e mostrandone una sola dichiarò che le bastava un solo Alfonso e da quel momento furono per sempre innamorati.
La vaccarella ‘e san Giuvanne: la storia dello scarabeo
Questo scarabeo in Campania viene definito ‘o vaccariello (o ‘a vaccarella) e San Giuvanne, inteso come grosso come una mucca. Perché? Il grosso coleottero si schiude e diventa insetto intorno alla fine di maggio e poi il suo ciclo vitale finisce proprio in questo periodo, nella fine di giugno, in prossimità cioè con la festa di San Giovanni. Da qui il colorito epiteto che rende ‘simpatico' un insetto solitamente non amato.