San Gennaro, il Vescovo ricorda le vittime Maurizio Cerrato, Ornella Pinto e Fortuna Bellisario
Il vescovo di Napoli don Mimmo Battaglia ha voluto ricordare Maurizio Cerrato, Ornella Pinto e Fortuna Bellisario, chiamati però tutti solo per il nome di battesimo, vittime innocenti, nel corso della sua omelia alla cerimonia del 1 maggio per San Gennaro, conclusasi, però, senza lo scioglimento immediato del sangue del martire patrono di Napoli. Maurizio, ha detto Battaglia, che è "morto per difendere la figlia dalla violenza da logica camorristica". Ornella Pinto e Fortuna Belisario "che a causa della violenza maschile hanno versato sangue, colpite da chi avevano amato".
Il metropolita ha voluto rendere omaggio anche ad altre persone: "Giovanni che ha speso ogni giorno della sua esistenza per assicurare il futuro al figlio disabile ed è morto senza la certezza di una comunità capace di costruirlo. Concetta e tanti anziani invisibili lasciati soli da tutti. Salvatore e Tina e tutti i ragazzi di Napoli a cui un sistema economico, un sistema di vita egoistico e il cancro della camorra sta rubando il futuro. Le famiglie della Whirlpool e i disoccupati che chiedono solo un lavoro".
Il vescovo: "Bisogna denunciare la camorra"
Il vescovo ha voluto concentrare il suo messaggio alla città sulle parole di pace e di speranza. “Napoli – ha detto don Mimmo Battaglia – ha bisogno di ricevere la buona notizia del Vangelo per tornare a sperare con la linfa vitale della fiducia e dell'amore nei tanti deserti che sono nei vicoli, nelle periferie, nelle case. Denunciamo ciò che inquina il tessuto sociale, che allontana il popolo dal sogno di Dio di pace giustizia e comunione. Il nostro martire ha mostrato che un credente non arretra di un millimetro dinanzi al bene che per esso è disposto a dare vita. Come comunità saremo capaci di fare altrettanto denunciando il malaffare, cultura camorristica, la corruzione imperante? Tutti siamo coinvolti dal grido di giustizia che arriva da quel sangue e da qualsiasi fratello perché ci riporta a Cristo. Il sangue parla ed è vivo come viva è la sete di giustizia e il bisogno di normalità e prossimità reso più impellente dalla pandemia".