Salvatore Giordano morto per il crollo in Galleria Umberto: 2 condanne e 2 assoluzioni
Si è concluso il processo di Appello per la morte di Salvatore Giordano, il ragazzino di 14 anni gravemente ferito da un calcinaccio crollato dalla Galleria Umberto I di Napoli e deceduto in ospedale quattro giorni dopo: per gli imputati Bruno Mariano ed Elio Notarbartolo è stata confermata la condanna in primo grado; per Giovanni Spagnuolo, prescritto l'omicidio colposo, la pena è stata rideterminata in un anno e quattro mesi di reclusione; gli ultimi due imputati, Marco Fresa e Franco Annunziata, che avevano entrambi rinunciato alla prescrizione, sono stati assolti per non avere commesso il fatto e perché il fatto non costituisce reato.
La tragedia di Salvatore Giordano nel 2014
Il ragazzino, quel 5 luglio del 2014, si trovava con gli amici in via Toledo, nel centro di Napoli. Il gruppetto era all'ingresso della Galleria Umberto I quando un pesante frammento di fregio si è staccato dalla facciata e ha colpito alla testa il 14enne. Trasportato in ospedale in condizioni disperate, il ragazzino è deceduto quattro giorni dopo, il 9 luglio.
Due condanne per la morte del 14enne
Il processo di secondo grado si è tenuto davanti alla prima sezione penale della Corte di Appello di Napoli (presidente Giovanni Carbone); i reati contestati, a vario titolo, sono di omicidio e disastro colposo. Il processo di primo grado si era concluso il 19 settembre 2022, il giudice monocratico di Napoli Barbara Mendia aveva condannato 5 imputati, tra cui alcuni dipendenti comunali, e assolto un altro imputato (un settimo era morto nel corso dell'iter processuale).
In primo grado erano stati condannati il tecnico e dipendente comunale Franco Annunziata (un anno e due mesi); l'amministratore del condominio coinvolto nella tragedia, Elio Notarbartolo (due anni); gli amministratori dello stesso condominio Mariano Bruno (due anni) e Marco Fresa (un anno e due mesi); il dirigente comunale Giovanni Spagnuolo (due anni). Lo scorso 27 maggio il sostituto procuratore Maria Aschettino, al termine della requisitoria, aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado.