Saluto romano degli ex militanti Msi, parla Rispoli: “Era una rimpatriata, non una manifestazione pubblica”
«Sì….immagino. Mi sta chiamando per la fotografia. Ma quel saluto romano non aveva un significato politico pubblico e quella non era una manifestazione pubblica. Era un incontro fra ex militanti del Movimento Sociale Italiano di Napoli, alcuni di noi non si vedevano da vent'anni. Io sono un politico e sono stato nelle istituzioni italiane. Credo nella nuova destra e negli sforzi che sta facendo Giorgia Meloni in Fratelli d'Italia. Mi fa meraviglia, francamente, questo clamore…».
Gigi Rispoli, un passato da uomo Msi prima, Alleanza Nazionale poi e ora dirigente in Fdi, parla della foto dello "scandalo": rimpatriata di ex iscritti in occasione del 40esimo anniversario del Movimento sociale italiano a piazzetta Augusteo, con tanto di bandiera tricolore e mano tesa da parte di molti attuali esponenti Fdi. Lo scatto finisce sui social network e la polemica è immediata: commenti, condivisioni e articoli di giornale.
Il saluto romano ha una storia antica ma nell'epoca contemporanea è contraddistinto inequivocabilmente come il saluto del fascismo. È illegale secondo la legge Mancino (numero 205 del 25 giugno 1993), anche se una sentenza della Corte di Cassazione del 2018 ha sancito che «non costituisce reato se è un atto commemorativo».
Rispoli, non mi dica però che è sorpreso dal clamore…lei è un politico di lungo corso.
«Ma sì invece…quello non era certo un raduno di nazifascisti né una manifestazione pubblica. Era una rimpatriata di vecchi militanti. Tuttavia mi rendo conto che paghiamo un peccato d'origine che non ci toglieremo mai di dosso. Menomale che la gente è stufa di queste cose…ormai ne parlano solo gli addetti ai lavori».
Una rimpatriata, dunque. Ma il saluto romano è comunque un riferimento al fascismo.
«Quel saluto certamente non era un voluto richiamo al fascismo che fu una epoca letteralmente irripetibile. Molti direbbero fortunatamente, molti altri sarebbero di opinione diversa».
Se non era richiamo al fascismo, scusi che richiamava?
«Ad un nostro segno distintivo di comunità. Siamo accomunati dalla nostalgia personale, non da quella politica. Nella politica guardiamo al futuro. Noi militanti Msi abbiamo condiviso in quegli anni un percorso politico durissimo. Partivamo già sapendo che non avremmo mai vinto nulla, a scuola eravamo pochi, rischiavamo pestaggi e processi popolari nelle assemblee».
La domanda è d'obbligo: ma lei crede nella Repubblica Italiana?
«Ma le pare! Io sono stato nelle istituzioni! Sono stato presidente del Consiglio provinciale di Napoli, consigliere provinciale eletto e ho rappresentato l'istituzione in vari momenti, sono un sindacalista degli inquilini delle case popolari, mi occupo dei disoccupati di lunga durata, sono segretario di uno dei più importanti circoli di Fdi a Napoli. Ecco mi dispiacerebbe che quest'episodio venisse strumentalizzato a discapito di una storia pluridecennale e di uno sforzo, quello di Giorgia Meloni, per costruire la nuova Destra di governo».
In conclusione, non l'è venuto in mente che non è stata forse una grande idea quella foto?
«Sicuramente una volta pubblicata è stata presa, segnalata, strumentalizzata. Diciamo che poteva tranquillamente rimanere nei ricordi personali dei presenti».