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Ristoranti e bar a Napoli, addio blocco delle licenze: da luglio ok a nuove aperture. Cosa cambia

Scade a luglio 2026 il blocco triennale delle nuove licenze di food & beverage nel centro storico di Napoli. Ma ci saranno nuove regole. Ecco cosa cambia.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Immagine di repertorio
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Addio al blocco delle nuove licenze per bar e ristoranti al centro storico di Napoli. Da luglio 2026, sarà possibile inaugurare nuovi locali. Ma ci saranno anche nuove regole molto stringenti. Bisognerà rispettare dei limiti adeguati di metrature e di qualità estetiche. Insomma, non sarà più consentito aprire ristoranti take away in spazi piccoli e angusti. “Il nuovo piano del commercio – spiega a Fanpage.it Luigi Carbone, presidente della commissione comunale Commercio – mette fine alla stagione dei divieti, che, aldilà della nostra volontà, proprio per legge non possono essere reiterati all’infinito, per dare inizio ad una fase nuova in cui si mettono delle regole stabili per il prossimo futuro. La grande novità è che al centro storico non sarà più impossibile aprire attività di food, ma sarà molto difficile per i requisiti stringenti richiesti dal nuovo piano”.

Quando scade il blocco delle licenze del food a Napoli

Scade il 20 luglio il blocco triennale delle nuove licenze per aprire bar e ristoranti al centro storico di Napoli, introdotto con la delibera 246 del 20 luglio 2023. Il provvedimento è stato varato dalla giunta Manfredi nell'estate 2023 ed ha impedito in questi anni l'apertura di nuovi esercizi di somministrazione nell'area Unesco. Contiene le limitazioni per l'avvio di nuove attività produttive a tutela delle aree di particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico prese d'assalto in questi anni, a causa della turistificazione, da pizzetterie, figgitorie e spritzerie.

Il blocco non ha risparmiato in questi anni nemmeno i marchi di eccellenza. A farne le spese anche nomi illustri della gastronomia come la pasticceria-caffetteria Scaturchio, che avrebbe dovuto aprire in via San Gregorio Armeno, o il ristorante cinese Mo Sarpi, in via Chiaia. Alcune nuove inaugurazioni all'interno del centro storico si sono comunque avute, grazie alla possibilità di aprire angoli caffetteria, ad esempio, all'interno di locali che non avevano il food&beverage come attività principale, come le librerie.

Il nuovo piano del commercio a Napoli

La delibera, ad ogni modo, aveva carattere temporaneo, non strutturale, sulla stessa scorta di quanto avvenuto in altre città. Il Comune di Napoli, a quanto apprende Fanpage.it, non è intenzionato a prorogare il blocco delle licenze. Al suo posto ci sarà una nuova regolamentazione che renderà estremamente complessa l'apertura di nuove attività ristorative.

Il nuovo piano del commercio a Napoli è al momento al vaglio dell'assessorato al Turismo e al Commercio, guidato dall'assessora Teresa Armato. La bozza dovrà poi essere portata in commissione e quindi approvata dal consiglio comunale.

Le regole per aprire bar e ristoranti dal 2026

Come cambierà la regolamentazione dalla prossima estate? “Ci saranno criteri di metrature minime – spiega a Fanpage.it Luigi Carbone – e condizioni di performance ambientali che favoriranno esercizi con dimensioni adeguate per far nascere nuove attività che innalzino l’asticella della proposta commerciale a svantaggio di questa bolla speculativa che vuole rendere ogni buco una friggitoria o una spritzeria”.

Confermati i vincoli in alcune aree particolari, come San Gregorio Armeno, che continuerà ad essere destinata all'artigianato tradizionale dei presepi e dei pastori, ma anche Port'Alba e Borgo Orefici, come già annunciato in passato dall'amministrazione comunale.

“Si confermerà – riprende Carbone – l’obbligo di rispettare la tipologia tipica sia a San Gregorio Armeno, che a Port'Alba e al Borgo Orefici per tutelare l’artigianato presepiale e orafo contro la spinta sui fitti prodotta dalla concorrenza di altre forme più remunerative di commercio che rischiano di cancellare la nostra identità con una replicazione di esercizi che stanno impoverendo gli stessi esercenti per l’effetto “guerra dei poveri”. C’è da dire – conclude – che il provvedimento per ora è solo una intenzione politica enunciata dal sindaco, che necessita di andare in commissione e in consiglio per avvalersi del contributo degli eletti del popolo”.

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