L'ordinanza vietatutto di Vincenzo De Luca è stata un mezzo fallimento. Bastava passeggiare nelle ultime ore nel centro Napoli così come in quelli delle altre città della Campania: molta gente se n'è letteralmente fregata del divieto di consumo di cibo e bevande con esclusione dell'acqua disposto dal presidente della Regione Campania a fine dicembre quando ormai si era capito che la variante Omicron del Covid-19 avrebbe moltiplicato i contagi.
Il perché del fallimento non è da attribuire esclusivamente alla mancanza di controlli: carabinieri, polizia e vigili urbani nelle zone principali della movida in Campania si sono visti. Ormai non sapevano più che fare, se controllare la bottiglietta e la pizza fritta, il green pass normale, super, mega iper o la mascherina sotto il naso.
Peraltro era logico che fosse improbabile bloccare così, all'improvviso, una naturale propensione alla socialità, dopo due anni passati fra lockdown, zone rosse, gialle e arancioni e due (o tre) dosi di vaccino. Il provvedimento, seppur giusto e giustificato vista la situazione dell'incremento di contagi, andava preso prima o andava decisa una chiusura delle zone o dei locali.
Invece anche il De Luca che tanto sbraita non se l'è sentita di chiudere niente, cosciente del rischio di crac economico per molte attività. Risultato? Una specie di ordinanza né carne né pesce: parole di fuoco ma risultati scarsi: molta gente è scesa e non ha rinunciato all'aperitivo prenatalizio. Per non parlare poi dei turisti che hanno semplicemente ignorato di sapere.
Toccherà capire se anche per Capodanno ci dovremo rassegnare all'ondata di furbi o di "finti tonti" che in un modo o nell'altro riusciranno a organizzare serate per il Veglione (a questo punto sarebbe giusto chiamarli Covid party) soprattutto in provincia dove più scarsi sono i controlli o se viceversa prevarrà il senso di responsabilità, alquanto improbabile visti i precedenti.