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Renato Cinquegranella, ultimo custode dei segreti di camorra: dai volantini per il pizzo alle Brigate Rosse

Il superlatitante Renato Cinquegranella, ricercato dal 2002, è l’ultimo custode dei segreti della camorra e degli accordi con le Brigate Rosse.
A cura di Nico Falco
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I retroscena della guerra tra la Nuova Famiglia e la Nuova Camorra Organizzata, ma soprattutto i dettagli che riguardano i contatti con lo Stato e gli accordi tra la camorra e le Brigate Rosse: segreti dei quali l'ultimo custode potrebbe essere Renato Cinquegranella, ricercato da 21 anni e ormai in pianta stabile nell'elenco dei 100 latitanti più pericolosi d'Italia. L'uomo, ritenuto affiliato alla Fratellanza Napoletana (quella che poi divenne la "Nuova Famiglia"), alla data del 27 aprile 2023 è tra i tre latitanti di massima pericolosità nella lista del Ministero dell'Interno, insieme a Giovanni Motisi (Cosa Nostra) e Attilio Cubeddu (Anonima Sequestri).

Chi è Renato Cinquegranella, il più importante latitante della camorra

Renato Cinquegranella è nato a Napoli il 15 maggio 1949. Arrestato nel 1983, con le accuse di avere partecipato all'omicidio del poliziotto Antonio Ammaturo (fornendo appoggio alle Brigate Rosse) e al sequestro del gioielliere Luigi Presta, oltre che dell'omicidio di Giacomo Frattini detto "Bambulella", era evaso una prima volta nel 1989; venne riarrestato e, dopo 10 anni, poté chiedere nuovamente i permessi. E ne approfittò per evadere una seconda volta, in occasione del quarto, nel 2002.

É ricercato per associazione per delinquere di tipo mafioso e concorso in omicidio, oltre che per detenzione di armi ed estorsione; sarebbe stato inoltre a capo della banda artefice di una delle più clamorose ostentazioni di potere della camorra: la distribuzione di volantini ai commercianti per annunciare l'arrivo dell'esattore del racket.

Dal dicembre 2018 le ricerche sono state estese in ambito internazionale: diverse piste hanno portato gli inquirenti a cercarlo anche al di fuori del confini nazionali ed elementi raccolti dagli investigatori hanno portato a ritenere anche possibile che fosse morto durante la latitanza.

Nell'ottobre 2023 suo figlio Francesco è stato arrestato a Genova nell'indagine che ruota intorno ad Angelo Russo, ritenuto affiliato alla camorra del Rione Traiano, che dal carcere avrebbe gestito il bar "Libeccio" a Pegli tramite prestanome e il figlio Mario Russo, un mese prima ferito in un agguato a Soccavo, che si sarebbe trasferito a Genova proprio per gestire il bar; tra i soci del camorrista ci sarebbe anche il figlio del superlatitante.

L'efferato omicidio Frattini e la guerra con Raffaele Cutolo

Il nome di Cinquegranella è legato ad uno degli omicidi più feroci delle guerre di camorra a Napoli: è stato condannato in via definitiva per la morte di Giacomo Frattini, ritenuto l'esecutore principale della "strage di Poggioreale", quando, approfittando del terremoto del 23 novembre 1980, i cutoliani massacrarono diversi esponenti della "Nuova Famiglia" nel carcere napoletano.

Il corpo di "Bambulella" venne ritrovato il 21 gennaio 1982, avvolto in un lenzuolo nel bagagliaio di un'automobile. La testa, le mani e il cuore erano in due sacchetti di plastica nell'abitacolo.

Raffaele Cutolo
Raffaele Cutolo

L'appoggio alle Brigate Rosse per l'omicidio del vicequestore Ammaturo

Nello stesso anno Cinquegranella sarebbe stato coinvolto nella morte del vicequestore della Polizia di Stato Antonio Ammaturo, all'epoca capo della Squadra Mobile di Napoli, ucciso dalle Brigate Rosse in un agguato insieme all'agente Pasquale Paola il 15 luglio 1982.

Per quell'omicidio sono stati condannati all'ergastolo Vincenzo Stoccoro, Emilio Manna, Stefano Scarabello, Vittorio Bolognesi e Marina Sarnelli, identificati come membri del commando di fuoco e ritenuti legati alle Brigate Rosse. Sui mandanti, però, non è mai stata fatta chiarezza: secondo alcuni pentiti sarebbe stato Raffaele Cutolo a dare l'ordine, o almeno a richiedere l'omicidio alle Br nell'ambito della trattativa per la liberazione del politico Ciro Cirillo.

Un mese dopo arrivarono nove ordini di cattura per favoreggiamento, emessi sulla base di un rapporto della Digos, nei confronti di altrettante persone, quasi tutte legate alla "Nuova Famiglia". Tre erano state già arrestate quattro giorni dopo l'agguato.

Gli altri 6 erano invece ancora irreperibili. Tra questi c'era Renato Cinquegranella, allora 33 anni; il camorrista, considerato quello col maggior spessore criminale tra i catturandi, secondo le indagini aveva aiutato i brigatisti ad allontanarsi da Napoli dopo l'agguato, mettendo loro a disposizione la sua villa di Castel Volturno prima che raggiungessero Roma.

Nell'abitazione i due componenti del commando rimasti feriti erano stati anche curati da un tecnico radiologo che era stato rapito con un pretesto. Non era stato però chiarito se il supporto era stato concordato prima dell'agguato o se era stato al contrario richiesto dopo il ferimento.

Il vicequestore Antonio Ammaturo
Il vicequestore Antonio Ammaturo

Il sequestro del gioielliere Luigi Presta

Cinquegranella era finito in manette pochi mesi dopo, nel marzo 1983, ma per un'altra vicenda. Già ricercato per il presunto appoggio alle Brigate Rosse, era stato individuato anche come l'organizzatore e il telefonista della banda che per oltre un mese aveva tenuto sequestrato il gioielliere Luigi Presta, rapito a Napoli l'8 febbraio 1982 e rilasciato il 14 marzo 1983 in provincia di Cosenza.

Bloccato dalla Squadra Mobile di Napoli (diretta Franco Malvano, successore di Ammaturo), Cinquegranella era già destinatario di un ordine di cattura per associazione per delinquere a scopo estorsivo: era ritenuto il capo della banda che fece distribuire dei volantini ai commercianti di Sant'Antonio Abate in cui si annunciava la imminente riscossione del pizzo da parte di un esattore.

La notizia dell'arresto era stata diffusa il 15 marzo, ma risaliva ad alcuni giorni prima. Il camorrista era stato intercettato sulla Tangenziale di Napoli; aveva tentato la fuga uscendo al casello dell'Arenella ma era caduto in una curva; aveva quindi provato a scappare a piedi, nonostante una forte contusione a un piede, e aveva scavalcato un muro, ma era stato raggiunto e bloccato dai poliziotti.

Secondo indiscrezioni dell'epoca, mai confermate, per la liberazione di Presta la famiglia pagò un riscatto di un miliardo e 700 milioni di lire, al fronte di una richiesta di una decina di miliardi.

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