Rapina Neres: “Quel fratello del ca*** si è messo a urlare”, le intercettazioni dei criminali
Quell'orologio, sicuramente di valore anche se il modello non lo avevano ancora individuato, lo avevano visto sui social. Nelle fotografie che David Neres aveva pubblicato. Avevano così cominciato a "puntare" il calciatore, seguendolo per essere certi che nel minivan ci fosse lui prima di passare all'azione e che, soprattutto, avesse il Patek Philippe: finestrino spaccato, pistola puntata all'addome. E poi, tra loro, avevano commentato anche il sopralluogo, quello per assicurarsi che il calciatore indossasse un orologio: nella calca davanti allo stadio il giovane incaricato aveva colpito un altro tifoso con una gomitata: "Si è messo a urlare, quel fratello del cazzo" ("quello scemo", ndr).
Il retroscena emerge dall'ordinanza, eseguita dai carabinieri, che ha portato in carcere questa mattina, 14 novembre, tre presunti rapinatori del Rione Lauro: Gianluca Cuomo, detto ‘o chiatto, Giuseppe Vitale, detto ‘o Lobo, e Giuseppe Vecchio. Sarebbero stati aiutati dal padre di uno di loro, dipendente dell'Asia, che avrebbe chiesto ad un collega di sbarazzarsi dei vestiti e dei caschi usati per la rapina buttandoli in un autocompattatore.
Le intercettazioni contro il clan Iadonisi
I tre sono stati individuati praticamente subito: l'automobile che hanno usato per la fuga, guidata dal padre di uno dei tre, era già sottoposta ad intercettazione nell'ambito di un procedimento sul clan Iadonisi di Fuorigrotta. Anche padre e figlio erano già sotto intercettazione, hanno usato un'app di messaggistica per parlarsi tramite traffico dati ma i loro dialoghi sono stati ugualmente captati dalla microspia ambientale. Dopo il raid si sono incontrati nei pressi del luogo di lavoro dell'uomo.
In rapinatori in macchina: "Ci siamo sistemati"
Sempre all'interno dell'automobile vengono registrati i dialoghi entusiasti dei tre quando si accertano del modello che hanno rapinato. Ne esistono, infatti, rileva il gip, diverse versioni, con delle piccole differenze che il gruppetto non aveva colto dalle foto.
I tre stanno controllando le fotografie su Internet. "È questo – dice uno di loro – ci siamo sistemati! qualche 120, 130mila euro ci devono dare". Il padre del ragazzo risponde: "Perché… se è una cosa in più è male? Vale per tante volte…".
Dalla rapina è passata appena mezz'ora e, scrive il gip, in quel momento i dettagli dell'orologio potevano essere noti soltanto a chi ce l'aveva tra le mani. Per il giudice le frasi pronunciate durante quelle verifiche sono indice della "professionalità nel settore": controllano dietro il Patek Philippe che ci sia la scritta "Tiffany & co.", appurano che manca e che si tratta, invece, del modello diverso e più prezioso, con due pulsanti su un lato della cassa.