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Raiz: dobbiamo a Sergio Bruni la musica napoletana di oggi, è ‘il nonno’ di Geolier

Sergio Bruni dimenticato dalle istituzioni nel ventennale della scomparsa, ne parla Gennaro Raiz che alla “voce ‘e Napule” ha dedicato uno splendido album.
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Gennaro "Raiz"
Gennaro "Raiz"

Vent'anni fa la morte di Sergio Bruni. Napoli si fa sorprendere dall'anniversario il giorno dopo il concerto dei Coldplay, ancora stordita dalle luci e dalla musica pop. E non v'è un ricordo – sicuramente non ve ne sono di istituzionali – per quella che un tempo fu definita «‘a voce ‘e Napule».

Raiz, al secolo Gennaro Della Volpe, è una delle persone oggi più titolate nel parlare di Bruni: il suo album «Si ll’ammore è ‘o ccuntrario d’’a morte», è un disco dedicato proprio all'opera del celebre autore. Ma il legame di Raiz con quella poetica, affonda le radici in uno album più belli degli anni Novanta: "Sanacore" degli Almamegretta.  Il testo di uno dei pezzi più intensi è «Pe' dint' ‘e viche addo' nun trase ‘o mare» scritto da Salvatore Palomba, l'ultimo grande poeta di canzoni napoletane, protagonista di un pluridecennale sodalizio artistico proprio con Bruni, basti ricordare la celebre "Carmela".

Raiz, Napoli ha dimenticato Sergio Bruni?

Io mi trovo in una situazione strana…non ho bisogno di pensarci perché lo ricordo sempre, ho fatto un disco con le canzoni di Bruni, è una figura presente. Però posso dire sicuramente che non è stato celebrato nella maniera adeguata. Che le istituzioni abbiano lasciato cadere così l'anniversario è il segno dei tempi. E invece Sergio Bruni è stato fondamentale per la musica che è arrivata dopo.

Spieghi ad un ragazzo di oggi chi è Sergio Bruni e perché è così importante nella musica napoletana.

Beh, chiederei che musica ascolta e se ascolta quella che si fa oggi in città. Ascolti Geolier? E allora sappi che Sergio Bruni è ‘il nonno' di Geolier. E non è un fatto anagrafico, non soltanto. Dentro la musica di oggi, in maniera diversa, modernizzata, ci sono una serie di linguaggi che fanno riferimento al mondo di Sergio Bruni. Che la musica l'ha cambiata, lui come Renato Carosone…vocalmente è stato un innovatore, ha portato la sua ruralità nella canzone napoletana classica un po' ingessata, azzimata, preoccupata di voler sembrare bella come quel bello universalmente riconosciuto nei salotti buoni.  Perché Sergio Bruni era di Villaricca, quella che fino a fine Ottocento era  Panecuócole…

Sergio Bruni
Sergio Bruni

E questo essere della provincia rurale partenopea fu una sua caratteristica distintiva…

Si! Lui  è come un marocchino, un turco, un greco, ha questo tipo di vibes che lo rende estremamente moderno. Ha un tratto molto distintivo, marcato, non è uno che canta in napoletano quel che potrebbe essere anche un classico italiano, no. Lui non ha paura mai di mostrare una faccia aspra sia nell’espressione che nella pronuncia e nel modo in cui canta e trascina le sillabe.
Non voglio riprendere certo la vecchia diatriba Sergio Bruni-Roberto Murolo, ma quando ascolti Bruni tu devi "farti portare", come fosse il duende, è uno spirito più andaluso che italiano. Bruni va oltre. Lui è mio padre, io da lui ho preso, così come ha preso Geolier: la radice resta.

Qualcuno ipotizza che un evento annuale, magari un Premio Sergio Bruni, possa aiutare a non dimenticare certi anniversari e riproporre la memoria dell'artista. È d'accordo?

Sì. Potrebbe essere un festival dedicato a lui, dove si premiano coloro che hanno fatto ciò che lui fece, ovvero osare, cercare. Riconoscere una qualità, ovvero che siamo aperti alla contaminazioni: la dote più grande dei napoletani.

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