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È morto Raffaele Cutolo

Raffaele Cutolo non è un personaggio di film: è stato un boss che non ha mai cambiato idea

Il boss della Nuova Camorra Organizzata Raffaele Cutolo è morto. La sua biografia criminale va scissa dal mito costruito grazie a film e prodotti editoriali: egli fu un sanguinario capoclan mai redento, mai convinto nonostante decenni di carcere duro della necessità di collaborare con la giustizia.
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Raffaele Cutolo è morto: parce sepulto. La sua figura non va confusa con la sceneggiatura del film che ne racconta le gesta. La biografia del fu boss Cutolo non va ‘diluita' nel personaggio che diede vita al  ‘Professore di Vesuviano', il boss descritto magistralmente dal regista Giuseppe Tornatore. Negli anni Ottanta Cutolo era già mito fra una parte della popolazione – lo testimonia un importante documentario sulla camorra per la Rai girato dal giornalista Joe Marrazzo -. Negli anni a venire Raffaele Cutolo fu sempre soggetto a carcere duro anche perché non diede mai segnali di ravvedimento, tant'è che le uniche istanze mosse dall'avvocato della sua famiglia per ridurre le restrizioni carcerarie si basarono sempre e solamente sulle condizioni di salute, non sul suo riconoscimento dello Stato di diritto al posto di quell'anti-Stato di cui egli fu esponente massimo.

Nel corso d'una storia durata decenni si perdono particolari o restano a galla soltanto gli elementi scenici, le interviste spudorate dietro le sbarre, l'aneddotica criminale, le ricostruzioni in libri e giornali. A tal proposito allora occorre sforzarsi anche di guardare altri aspetti, magari meno noti ai più ma egualmente rilevanti. La descrizione del potere criminale, un potere assoluto fatto di sentenze di morte eseguite da burattini («ci muovevamo come robbottini» disse una volta un cutoliano pentito descrivendo un omicidio da lui stesso eseguito) è solo uno degli aspetti.

Resta la recitenza, restano le ambiguità, la mai intrapresa strada della legalità. Andrea Barbato fu un acuto giornalista progressista che per anni in tv con la sua "Cartolina" su Raitre metteva faccia e voce su editoriali spesso molto duri. Nel 1993, dopo una fase del processo sulla trattativa Stato-camorra per la liberazione del potente assessore regionale Ciro Cirillo rapito dalle Brigate Rosse, operazione su cui la camorra mise bocca e non solo, mandò in onda un pesante editoriale su un Cutolo che ancora negli anni Novanta usava «mezze parole, astuzie verbali, reticenze calcolate». «Il nero modello criminale che lei ha creato è ancora vivo, vitale» diceva Barbato rivolgendosi a don Raffaele.

Parce sepulto, dicevamo: non ci si accanisce su chi non c'è più. Non bisogna però dimenticare ciò che è stato. Nemmeno le centinaia di morti nella sanguinosa guerra fra Nuova Camorra Organizzata e Nuova Famiglia possono più parlare e anche se le loro storie non sono degne di sceneggiature, di film e serie tv vanno rispettate e ricordate.

Cutolo non prese mai un'altra strada: avrebbe potuto dare un contributo a scoperchiare una verità su pezzi deviati dello Stato, non lo fece. E anche questa è storia che va raccontata, al pari della leggenda sul boss furbo, sagace e spietato che costruì un impero restando dietro le sbarre praticamente una vita intera.

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