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“Quando piove si fa una mappina”, la discussione per nascondere il fucile del clan al Rione Traiano

Intercettati, tre presunti affiliati al clan Sorianiello parlano di come nascondere un fucile a pompa; decidono di tenerlo in strada, pronto all’uso.
A cura di Nico Falco
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Pistole rinvenute sotto terra al Rione Traiano
Pistole rinvenute sotto terra al Rione Traiano

Sotto terra no, perché poi "si umidisce", prende umidità e si rovina. E nemmeno nel cespuglio, perché "quando piove si fa una mappina". La decisione, alla fine, è di "imballarlo", per tenerlo all'aperto e pronto all'uso ma in un luogo lontano dalle loro abitazioni. Discussione intercettata tramite uno spyware, che è agli atti nell'ordinanza eseguita dai carabinieri contro il clan Sorianiello del Soccavo, che negli anni si è "specializzato" nel traffico di droga e in quello di armi, gestendo un giro di denaro che si intuisce anche dalle spese del gruppo: 150mila euro per gli stipendi agli affiliati, oltre 80mila euro all'anno solo per i mensili agli avvocati.

I destinatari sono 29, tra i quali i presunti vertici della cosca, ovvero Alfredo Sorianiello, alias "‘o Biondo", e il figlio, Simone Sorianiello, che avrebbe preso le redini del gruppo criminale dopo l'arresto di Giuseppe Mazzaccaro, ovvero "Peppe della 99", dal nome del rione roccaforte del clan nel Rione Traiano; i tre sono tra i destinatari, due di loro erano già detenuti mentre Simone Sorianiello è attualmente irreperibile.

"Quando piove si fa una mappina"

La discussione, datata 12 dicembre 2020, verte sul modo di nascondere un fucile a pompa che tre indagati (tutti tra i destinatari della misura eseguita il 18 settembre) hanno nelle disponibilità insieme alle munizioni. Lo caricano, ne commentano la potenza, poi si confrontano. E arrivano i primi problemi. Di lasciarlo sotto terra, infatti, non se ne parla: si rovinerebbe per via dell'umidità. Discorso uguale per i cespugli: se dovesse piovere, l'arma sarebbe esposta alle intemperie. Resta però la necessità di tenere il fucile in un luogo abbastanza vicino, in modo da recuperarlo "se litighiamo con qualcuno".

Si decide così di lasciarlo sì nel cespuglio, ma "imballato", presumibilmente in cellophane o plastica, in modo da tenerlo al riparo. "Una volta che lo abbiamo imballato – dice uno dei tre – lo sistemiamo, che se è una cosa che serve, bello e buono ti butti là dentro". Ovvero, nel caso di problemi, potrebbero prenderlo facilmente.

Le armi sequestrate nell'ortofrutta a Bagnoli
Le armi sequestrate nell'ortofrutta a Bagnoli

Il sequestro di armi nel negozio, "Ci hanno spogliato nudi"

Il grosso delle armi dei Sorianiello, però, viene trovato in un ortofrutta di Bagnoli, gestito da Salvatore Vivenzio (tra i destinatari della misura), cognato di Simone Sorianiello. Quando i carabinieri fanno irruzione, il 6 maggio 2021, quello che vedono basta a metter su un piccolo esercito: 10 mitragliatori (tra cui 5 kalashnikov), un fucile a pompa, 11 pistole, poco più di 300 proiettili e 3 giubbotti antiproiettile. Oltre a 14 chili di droga (11 chili circa di hashish e 2.6 di marijuana), che erano tra il negozio e il furgone di Vivenzio.

Per il clan è sicuramente un duro colpo. E, rilevano i magistrati nell'ordinanza, è lo stesso Simone Sorianiello ad ammetterlo, intercettato mentre parla con un'altra persona: "Si sono portati tutto quanto! Ci hanno spogliato nudi!"

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