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Il prof pestato a sangue: “Sbattuto nei vetri del palazzo. Non accuso i ragazzi, sono anche loro vittime”

Enrico Morabito è il prof picchiato a Casavatore (Napoli). Intervistato da Fanpage.it racconta l’aggressione, che sarebbe la ritorsione a una sgridata alla classe.
A cura di Nico Falco
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Enrico Morabito, regista teatrale e cinematografico napoletano di 42 anni, è il docente di italiano picchiato sotto casa a Casavatore, in provincia di Napoli, da un gruppo di sconosciuti. Durante il pestaggio quegli uomini hanno fatto esplicito riferimento alla scuola De Curtis, dove Morabito aveva ottenuto una supplenza di quattro giorni, l'ultimo dei quali era proprio ieri. Gli hanno chiesto se insegnasse nell'istituto e gli hanno intimato di non presentarsi più a scuola. Si sarebbe trattato di una ritorsione per un rimprovero ai ragazzi. Sull'accaduto sono in corso indagini dei carabinieri.

Professor Morabito, ci racconta cosa è successo?

Alle 16 ero a casa, stavo riposando, quando hanno suonato al citofono. Ha risposto mia madre. Un uomo le ha chiesto di me, qualificandosi come un mio amico, e le ha detto di farmi scendere per salutarmi. Ho pensato che fosse qualche mio studente, perché ieri sarebbe stato l'ultimo giorno della mia supplenza. Quando sono uscito ho trovato il portone spalancato, mi sono girato per vedere se ci fosse qualcuno e mi sono trovato davanti uno sconosciuto. "Ma tu sei Enrico?", mi ha chiesto. Io ho risposto di sì, pensando che fosse qualche vecchia conoscenza che al momento non inquadravo. Del resto, io ho sempre vissuto lì.

Ho risposto sì e lui ha incalzato: "Ah, allora sei tu il professore della De Curtis?". Stavo rispondendo che no, in realtà sono solo un supplente, ma non ho finito la frase che mi sono ritrovato quei cinque addosso. Hanno cominciato a picchiarmi, a pugni e a calci, a sbattermi con la testa contro i vetri del palazzo. Mi hanno minacciato dicendomi che non sarei dovuto tornare a scuola questa mattina e che se ne sarebbero fregati della denuncia.

Ho chiamato i carabinieri, che hanno fatto intervenire l'ambulanza. Mi hanno portato al San Giovanni di Dio di Frattamaggiore, dove mi hanno dimesso con prognosi di 7 giorni. Per fortuna non ho riportato danni gravi.

Lei ha parlato di una discussione in classe avvenuta ieri mattina, di un richiamo agli studenti.

Presumo che il motivo della mia aggressione sia proprio questo. Ieri mattina, infatti, c'è stato un diverbio con una delle due classi che seguo, una prima media. Ho messo un rapporto di classe perché i ragazzini disturbavano continuamente la lezione. Ho alzato la voce per richiamarli all'ordine e ho detto che una cattiva condotta avrebbe influito anche sugli altri voti, facendoli abbassare. Si tratta di una classe abbastanza vivace: in cinque giorni ho dovuto mettere quattro rapporti di classe. Però sono cose che succedono, mi è capitato anche altre volte di avere a che fare con ragazzini irrequieti.

Tra l'altro si tratta di studenti che hanno avuto anche un buon voto. Con loro abbiamo fatto un lavoro sulle leggende napoletane, ciascuno di loro ha fatto una ricerca, gli ho fatto vedere un cortometraggio che ho realizzato coi ragazzi dell'accademia di Cinema di Casalnuovo. Sono ovviamente da scolarizzare, vengono da due anni di dad, è chiaro che sia una classe abbastanza vivace.

Oltre ad alzare la voce è andato oltre? Ha, per esempio, strattonato qualcuno?

Assolutamente no. Il provvedimento, poi, riguardava l'intera classe, non è stato un discorso generico verso un singolo. Sicuramente i rimproveri sono stati abbastanza aspri, tanto che qualcuno dei ragazzi si è messo a piangere, ma sempre nei limiti. Sono stati chiamati i genitori di una ragazza perché al richiamo aveva risposto male a un'altra docente, dicendo che non le sarebbe importato del provvedimento disciplinare. Ma oltre questo non ci sono stati altri screzi e non ci sono state minacce, da parte di nessun ragazzo e ovviamente nemmeno da parte di noi docenti. Mai avrei immaginato che avrebbe potuto portare ad un pestaggio: se gli aggressori non mi avessero fatto il nome della scuola avrei pensato ad uno scambio di persona.

Quindi stamattina lei a scuola non ci è andato.

No. Avrei dovuto tenere le prime due ore di lezione. La scuola mi ha contattato alle 11, avevano visto il polverone che si era sollevato. Ho saputo che alcuni genitori si sarebbero lamentati dicendo che io utilizzo un linguaggio non consono in classe. Ma è una lamentela che non mi è stata mai rivolta. Al massimo può capitare che io dica qualcosa in napoletano, e non reputo sia una cosa sbagliata. Altro discorso sarebbe stato se avessi inveito verso gli studenti in dialetto. Ma io posso usare la lingua dei testi di Eduardo e di Scarpetta, un napoletano bello, teatrale, non certo epiteti volgari per offendere.

È da molto che lavora come docente?

In realtà ho cominciato da poco. Ho diretto dei cortometraggi, ho fatto anche formazione nelle scuole e nelle accademie con dei Pon sulle tecniche cinematografiche, sempre con gruppi di adolescenti. Ho presentato due anni fa domanda nelle graduatorie per intraprendere anche la strada dell'insegnamento. Avevo ottenuto un incarico alla De Curtis di Casavatore, in sostituzione di una docente che era assente per motivi di salute, che sarebbe dovuto terminare proprio ieri. La scuola però mi aveva chiesto di tornare anche oggi per una ulteriore giornata, in attesa del ritorno della prof di ruolo.

Lei ha deciso di denunciare subito, anche con un post su Facebook. Come mai?

Questa mattina avrei voluto guardare i ragazzi negli occhi. Ma non per prendermela con loro: sono vittime, come me. Non è colpa loro se è avvenuta questa aggressione. È colpa di chi non sa educarli. Avrei voluto dir loro: non imitate i vostri genitori, che non vi stanno dando una educazione adeguata. Questi atti di violenza gratuita sono da denunciare. Non può passare l'idea che ritorsioni di questo tipo siano la normalità.

In tanti mi stanno dicendo "Vabbè, sei a Napoli". E invece non funziona così. A me rode che Napoli venga sempre stereotipata. Quello che mi è accaduto è un evento da Gomorra, va bene, ma Napoli è anche cultura. Episodi del genere vanno denunciati, sempre: non appartengono e non devono appartenere al nostro sistema culturale. Non si deve mai tacere davanti alla violenza: non si deve vergognare chi la subisce, ma chi la commette.

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