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Prof arrestata per abusi sessuali sugli studenti: i punti non ancora chiari e il ruolo della scuola di Castellammare

Restano diversi aspetti da chiarire nelle indagini che hanno portato all’arresto della insegnante di sostegno nel Napoletano: gli abusi sarebbero avvenuti per un anno in orario di lezione.
A cura di Nico Falco
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Abusi che sarebbero andati avanti da anni, a far scoppiare il caso sarebbe stata l'aggressione in classe e, prima ancora, la sospensione di due ragazzini, sorpresi a fumare una sigaretta elettronica nei bagni. Storia sicuramente intricata, e con diversi aspetti che restano da chiarire, quella che coinvolge la scuola media "Salvati", plesso dell'istituto comprensivo 2 "Panzini" a Scanzano, popolosa frazione di Castellammare di Stabia (Napoli).

La prima svolta è arrivata martedì 14 gennaio, con l'arresto di una insegnante di sostegno di 37 anni: si sarebbe resa responsabile di maltrattamenti e di violenza sessuale, sfociata in un caso anche in un rapporto orale praticato, ai danni di 7 alunni di età compresa tra i 12 e i 13 anni. La donna ha respinto le accuse, sostenendo che le chat recuperate siano false. L'interrogatorio di garanzia si terrà giovedì 16 gennaio.

Quello che però gli inquirenti mirano a ricostruire è il contesto: si chiedono come sia possibile che, nell'arco di un anno e con condotte che appaiono così sfacciate, nessuno si sia accorto di nulla. Come sia possibile che l'insegnante abbia avuto tale libertà di movimento e non abbia fatto nascere sospetti.

Come abbia potuto, secondo il racconto dei ragazzi, abusare sessualmente di uno degli alunni durante l'orario delle lezioni, senza preoccuparsi di essere sorpresa da colleghi o da personale scolastico. Se qualcosa, insomma, non ha funzionato nei meccanismi interni della scuola, se qualcuno avrebbe dovuto vigilare e non lo ha fatto.

A far emergere la vicenda era stata l'aggressione del 14 novembre, quando una trentina di genitori avevano fatto irruzione a scuola e avevano picchiato la 37enne, provocandole un trauma cranico, e suo padre, intervenuto per difenderla. Il giorno precedente una delle mamme aveva sporto denuncia ai carabinieri.

Il racconto degli alunni di Castellammare di Stabia

Agli atti c'è dell'inchiesta ci sono i racconti dei sette giovanissimi, ascoltati in audizione protetta e col supporto di uno psicologo. I ragazzini hanno detto di non avere mai raccontato nulla perché intimoriti: la docente li avrebbe minacciati di bocciarli, di farli finire in comunità e, tramite il suo compagno, che a suo dire sarebbe stato un appartenente alle forze dell'ordine, di far arrestare i genitori.

Il silenzio aveva cominciato a rompersi dopo la sospensione di due dei giovanissimi, sorpresi dalla 37enne in bagno a fumare una sigaretta elettronica. Ne parla anche una delle ragazzine: la docente di sostegno non avrebbe segnalato l'accaduto perché contraria alla sigaretta, ma perché "gelosa" della presenza di un'altra alunna.  Il ragazzino, tornato in classe, aveva detto al docente di ruolo che l'insegnante mostrava loro video pornografici.

Dopo di lui avevano parlato anche gli altri, prima ai genitori e poi agli inquirenti: hanno raccontato che gli abusi avvenivano dapprima in una sala riservata e che, quando questa non era stata più disponibile, l'insegnante aveva creato un gruppo su Instagram chiamato "la Saletta" dove continuare a parlare con loro di argomenti sessualmente espliciti e mostrava dei contenuti pornografici, sia sulla lavagna elettronica sia sul suo cellulare.

Le chat recuperate dai carabinieri

Nel corso delle indagini sono stati recuperati dai telefoni dei giovanissimi screenshot della chat di gruppo e chat private tra i ragazzini; materiale incompleto, in quanto, hanno raccontato i giovanissimi, la docente avrebbe imposto loro di cancellare tutto di volta in volta.

In diversi messaggi si fa riferimento al gruppo su Instagram. In uno dei dialoghi, risalente ai giorni in cui la vicenda sta ormai venendo alla luce, due ragazzi discutono del fatto che un terzo abbia riferito ai genitori le "cose false" che avevano detto sul conto dell'insegnante; l'espressione verrà poi chiarita in sede di audizione: quelle cose, ha detto il ragazzino, erano vere, ma a dire che fossero false era la docente.

Su uno dei telefoni dell'insegnante sono stati rinvenuti numerosi messaggi audio inviati ai ragazzi, nei quali si fa riferimento a discorsi sessualmente espliciti, e del materiale pornografico.

"Volevano far licenziare la prof"

Gli inquirenti, alla ricerca di riscontri a quanto raccontato dai ragazzini, hanno ascoltato numerosi docenti dell'istituto Salvati, oltre a dirigente e vicepreside. Nessuno ha riferito di essere a conoscenza di quanto denunciato o di avere avuto sospetti. Il 14 novembre, dopo l'aggressione a scuola, la vicepreside ha riferito che uno dei docenti le avrebbe detto di avere sentito due dei ragazzini mettersi d'accordo per far perdere il posto di lavoro alla 37enne; lo stesso docente, ha continuato la donna, avrebbe riferito la circostanza anche due giorni prima alla madre di uno dei ragazzi, che si era presentata a scuola per protestare contro la sospensione paventata per il figlio in quanto sorpreso a fumare una sigaretta elettronica nei bagni.

L'insegnante in questione è lo stesso con cui si era sfogato uno dei ragazzini: rientrato in classe dopo la sospensione, aveva detto che l'insegnante di sostegno aveva mostrato loro dei video pornografici. Il docente non aveva dato peso a queste parole, ritenendo che fossero solo frutto della rabbia per il provvedimento disciplinare.

Le indagini sulla scuola "Panzini"

E c'è un altro aspetto su cui gli inquirenti puntano a fare chiarezza: l'estrema libertà con cui, secondo le ricostruzioni, la 37enne si muoveva all'interno della scuola e prelevava diversi studenti per portarli in quella saletta riservata durante l'orario delle lezioni. Una pratica che pare fosse diventata prassi: dagli audio estrapolati dal cellulare della donna, che lei avrebbe inviato a una delle ragazzine, si evince che gli incontri coi giovanissimi erano frequenti, sebbene soltanto uno di loro le fosse stato assegnato in quanto docente di sostegno.

Un riferimento esplicito compare anche in una delle fotografie consegnate dalla madre di uno dei ragazzini ai carabinieri e che mostrerebbe uno screenshot di una chat tra la prof e il giovanissimo: l'utente che gli inquirenti identificano nella donna (il nickname è il suo nome di battesimo) parla della necessità di organizzarsi e di non lasciare la classe quando c'è sempre la stessa docente di ruolo per non dare nell'occhio. Ha evidenziato il procuratore Nunzio Fragliasso: "Resta da capire come sia possibile che per un anno sette minori siano stati affidati a un'insegnante di sostegno che doveva curarsi solo dell'alunno con difficoltà di apprendimento".

La dirigente scolastica, ascoltata dagli inquirenti, ha spiegato che la prof aveva facoltà di ricorrere allo strumento chiamato "classe a piccoli gruppi": in accordo col docente di ruolo poteva prelevare piccoli gruppi di studenti e far svolgere loro attività didattiche o premiali insieme al ragazzo da lei seguito in modo da favorirne l'integrazione.

Cosa succederà nell'interrogatorio di garanzia

I reati ipotizzati sono di violenza sessuale e induzione al compimento di atti sessuali ai danni di 7 studenti, tutti minori di 14 anni all'epoca dei fatti. La donna si trova da ieri nel carcere di Benevento, il gip non ha ritenuto opportuno concedere i domiciliari in quanto i reati sarebbero stati commessi anche tramite chat e gruppi social e, quindi, l'accesso ad Internet avrebbe potuto comportare la reiterazione. L'interrogatorio di garanzia si terrà domani, 16 gennaio, alla presenza dell'avvocato Francesco Cappiello, difensore della 37enne; in quella circostanza il gip dovrà decidere se confermare, modificare o revocare la misura cautelare.

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