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Pizzo da 80mila euro per costruire supermercato a Melito: “Di’ al masto che se non paga non lavora”

I carabinieri hanno arrestato 5 esponenti di spicco degli Amato-Pagano: sono indagati per una estorsione a un imprenditore consumata nel 2019.
A cura di Nico Falco
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Il clan Amato-Pagano aveva imposto ad un imprenditore una tangente di 200mila euro, rimodulata poi con una contrattazione a 80mila: 50mila per la costruzione del supermercato a Melito (Napoli), 10mila per l'aggiudicazione dell'asta giudiziaria per il terreno, 10mila sulla vendita di quel terreno e gli ultimi 10mila per altri lavori, che riguardavano la costruzione di appartamenti a Mugnano. Vicenda inizialmente non denunciata, ma ricostruita dai carabinieri partendo da fonti confidenziali sul territorio e che ha portato all'arresto di cinque esponenti di spicco degli "Scissionisti".

I fatti risalgono al maggio 2019. Inizialmente, ricostruiscono i magistrati nella misura cautelare, l'imposizione della tangente non era stata denunciata; l'imprenditore, consapevole dello spessore criminale degli indagati, aveva trovato il coraggio di verbalizzare le minacce subite soltanto quando aveva saputo che erano stati arrestati. I destinatari delle misure cautelari, emesse dal gip si Napoli su richiesta della Procura, sono Marco Liguori, detto "Marchetiello", 38 anni, nipote acquisito del fondatore Raffaele Amato e all'epoca capoclan, già detenuto al 41bis a Sassari; Fortunato Murolo, detto "Nanduccio" o "Sasaman", cognato di Elio Amato, detenuto al 41 bis a Tolmezzo; Salvatore Chiariello, 51 anni, alias "Totore ‘o Boxer", referente del clan a Melito, detenuto a Lecce; Nicola Schiavone, 38 anni, alias "Linuccio ‘o Barbiere", referente del clan per le estorsioni a Mugnano, attualmente detenuto a Cosenza; Domenico De Mase, detto "Capa ‘e vacca", 48 anni, referente degli Amato-Pagano a Mugnano per le estorsioni, attualmente ai domiciliari.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti l'imprenditore, che all'epoca si stava occupando della costruzione di un supermercato, aveva ricevuto la "bussata" presso il cantiere: un uomo aveva detto al vigilante di "dire al masto" che il giorno successivo i lavori non sarebbero dovuti andare avanti. Successivamente l'imprenditore era stato accompagnato presso una casa di Mugnano, dove aveva incontrato i cinque indagati che gli avevano imposto la tangente da 200mila euro. Con una trattativa era riuscito a concordare il pagamento in 80mila euro, versati poi metà in contanti e l'altra metà, con regolare fattura, come pagamento di una società di vigilanza che gli era stata "suggerita" dal clan.

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