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Pizza con la cannabis, pizza serpente e col canguro: il menù degli orrori nei ristoranti del mondo

La ricerca Coldiretti/Ipsos sulle pizze più strane all’estero presentata al Villaggio Coldiretti di Napoli. Ma c’è anche chi ama queste particolari pizze.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Foto Coldiretti
Foto Coldiretti

La pizza con il serpente e quella col coccodrillo. Lo spezzatino di zebra e l'affettato di struzzo e di canguro. La classica sfoglia col pomodoro condita con i rametti di cannabis. Sono solo alcune delle ricette delle pizze nei ristoranti del mondo inserite nel cosiddetto "menù degli orrori", secondo una ricerca della Coldiretti. "Scempi culinari", secondo l'associazione dei coltivatori italiani, al di là dei gusti personali, raccolti sotto un unico tendone nel Villaggio Coldiretti che in questi giorni è a Napoli, in piazza Municipio.

Esposti sulle tavole come in un circo spaventoso. Ed è così che su una pizza al pomodoro compare un serpente intero cotto al forno a legna. Un altro piatto, invece, viene decorato con rametti di cannabis. Un repertorio che proviene da tutti i continenti. Un modo per Coldiretti, per denunciare le ricette più disgustose diffuse nel mondo in occasione dell’anniversario Unesco dell’arte del Pizzaiuolo Napoletano.

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Le ricette dell'orrore: le pizze con carne di canguro e zebra

Ci sono anche la pizza con i grilli e quella speziata con il pollo tandoori immerso nello yogurt nell'elenco raccolto dalla Coldiretti. Ma anche la pizza all'ananas e quella alle banane. Si tratta di pietanze che si trovano nei menù di varie pizzerie nel mondo. L'analisi è stata condotta da Coldiretti/Ipsos presentata dal presidente Ettore Prandini in occasione dell’apertura della prima Pizzeria degli Orrori al Villaggio della Coldiretti a Napoli in piazza Municipio. Secondo lo studio, un italiano su 3 non gradirebbe questo tipo di varianti, nelle quali ci può imbattere quando si viaggia all’estero, preferendo, piuttosto, la classica pizza Made in Italy.

Coldiretti ha voluto mostrare e denunciare "con la prima pizzeria degli orrori gli scempi che si trovano all’estero, dalle Americhe all’Asia, dall’Africa all’Australia in Oceania fino all’Europa dove le varianti più terribili si trovano nei paesi del Nord".

La pizza col Serpente nei ristoranti di Hong Kong

In Asia il record del disgusto – evidenzia Coldiretti – spetta alla pizza al serpente di Hong Kong con carne di rettile. Secondo un proverbio cantonese, il momento migliore per mangiare i serpenti è “quando comincia a soffiare il vento autunnale”, quando ingrassano per il letargo. Chi la consuma è convinto che la carne di serpente abbia proprietà medicinali, migliori le condizioni della pelle e riscaldi il corpo. Ma una cultura gastronomia basata sui serpenti – spiega Coldiretti – è comune anche in altre parti del sud-est asiatico, come il Vietnam e la Thailandia dove si fa largo uso alimentare di grilli e altri insetti anche sulla pizza".

Secondo lo studio Coldiretti/Ipsos,

In Oceania, e più precisamente in Australia, si possono trovare pizze con la carne di canguro, di coccodrillo o di struzzo, ma anche con sopra la cannabis come condimento che ha mandato quest’anno in ospedale un’intera famiglia.

Negli Stati Uniti d'America è diffusa la presenza del Parmesan, "il tarocco del vero Parmigiano e del vero Grana – commenta Coldiretti – abbinato al pollo sulla pizza, mentre la pizza hawaiana con l’ananas è un altro grande classico degli orrori Made in Usa. E negli States si sono inventati anche la pizza con sopra i maccheroni al formaggio".

In Sud Africa si trova la pizza con le banane arricchita da diversi condimenti ma anche quella con la carne di zebra, molto diffusa nel continente.

In Portogallo preparano la pizza con il baccalà e le uova sode, mentre in Svezia oltre agli ingredienti base ci mettono qualsiasi cosa: tacchino e miele, frutta in scatola e cioccolato, polpette e anche dell’insalata di cavolo cappuccio, in Olanda c’è la pizza con kebab. Ma nel mondo c’è anche chi al posto della salsa di pomodoro usa il ketchup e fa largo uso di formaggi più disparati, dai falsi italiani al cheddar anglosassone.

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Ma c'è anche a chi piace: i dati Ipsos

Fra gli italiani che si sono “scottati” con la pizza all’estero, il 14% – secondo l’indagine Coldiretti/Ipsos – ha dichiarato di essere rimasto molto deluso, mentre un altro 22% si è detto abbastanza scontento. Una quota del 26% – afferma l’indagine Coldiretti/Ipsos – non si è fidata e non ha mai mangiato la pizza all’estero, ma non manca neppure un 6% invece di entusiasti e un 20% a cui è piaciuta abbastanza.

La delusione per le pizze all’estero riguarda diversi aspetti: al primo posto l’impasto (52%), al secondo il sapore (48%) e al terzo il tipo di ingredienti utilizzati (36%) considerata anche le stranezze diffuse fuori dai confini italiani. Ma tra i motivi di delusione per la pizza all’estero – ricorda l’indagine Coldiretti/Ipsos – ci sono anche la combinazione insolita degli ingredienti (34%), la cottura errata (30%), il costo elevato (25%), la preparazione (24%) e la scarsa digeribilità (23%).

”L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” è stata riconosciuta dall’Unesco come parte del patrimonio culturale dell’umanità, trasmesso di generazione in generazione e continuamente ricreato, in grado di fornire alla comunità un senso di identità e continuità e di promuovere il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana, secondo i criteri previsti dalla Convenzione Unesco del 2003. Si tratta di una pratica culinaria che comprende varie fasi, tra le quali – evidenzia Coldiretti – la preparazione dell'impasto, un movimento rotatorio fatto dal pizzaiolo e la cottura nel forno a legna.

Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, conclude:

“Garantire l’autenticità della ricetta e dell’arte della preparazione significa anche difendere un piatto che è parte integrante della nostra tradizione a tavola minacciata nel mondo dalla diffusione di falsi prodotti Made in Italy che hanno raggiunto l’astronomica cifra di 120 miliardi di euro, praticamente il doppio delle nostre esportazioni, sottraendo posti di lavoro e crescita all’Italia”.

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