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Pino Daniele racconta dov’è stata scritta “Napule è”

“Napule è”, la canzone più bella di Pino Daniele sulla sua città, scritta quando aveva 18 anni, fu composta in un punto particolare.
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«Napule è mille culure». La più bella canzone moderna su Napoli abita in un luogo preciso della città. Basta percorrere l'inizio del lungomare, quando la strada che segna il confine tra terra e mare si chiama via Partenope e ha la forza d'una appartenenza. C'è un punto preciso in cui un ragazzo di diciotto anni con «una faccia da indiano e il passato un po' più strano» si fermò e iniziò a scrivere.

Giuseppe Daniele, per gli amici Pinotto, in arte Pino non  sapeva ancora esattamente cosa sarebbe accaduto. Ma lì la sua vita sarebbe cambiata per sempre. La Napoli degli anni Ottanta colorata e impaurita, amara di sole e allegra del vociare di bambini, sporca e abbandonata. Questo sentiva w questo cantò, accompagnato da un Do maggiore settima e Fa maggiore settima che migliaia di ragazzi, anni dopo, hanno replicato in spiaggia, tra gli amici, da soli in cameretta o in un momento di napolitudine, lontani da questo paradiso di diavoli.

Poco meno di quattro minuti di voce e musica. Un quadro che si compone proprio come l'indicazione in spartito: «Lentamente». L’andamento in quattro quarti che accompagna la voce capace di far vedere. L'oboe e il mandolino ci mostrano, letteralmente, Napoli carica di tradizione e dolente; ogni frase ti porta in giro e ti strappa il cuore: «Napule è na' camminata / Int'e viche miezo all'ate».

«La poesia, la musica vanno oltre la cronaca e io non mi reputo un telegiornale, non so come nasce una mia canzone, quando capita»: così disse quando glielo chiesero. La strofa più bella, quella che probabilmente ha scolpito nella memoria collettiva questo testo scritto da un ragazzo di diciotto anni vissuto nel tufo del centro antico: «Napule è tutto nu suonno / E a' sape tutto o' munno / Ma nun sanno a' verità». La definizione dell'indefinibile, la consacrazione che tutto ciò che si è detto, scritto, cantato è solo una foto di un mondo in continuo movimento e per questo diverso ad ogni attimo.

Alessandro, figlio di Pino, nel suo bel libro "Pino Daniele – Tutto quello che mi ha dato emozione viene alla luce" (Rai Libri) svela lì dove è stata composta "Napule è". Spiega che ad averglielo raccontato è stato il padre, un anno prima che morisse. Gennaio 2014: «Eravamo a Napoli per una serie di concerti al Palapartenope, alloggiavamo all'Hotel Santa Lucia. In tarda mattinata papà mi chiese di accompagnarlo a fare una passeggiata e, tornando su via Partenope, ci fermammo sul lungomare. C'era una curva da cui si vedeva Castel dell'Ovo, lui si fermò, si accese un mezzo sigaro e mi guardò: "Lo vedi questo punto qua? È qui che ho cominciato a scrivere Napule è"».

Nulla oggi in via Partenope indica quel punto preciso,  non c'è niente che narri questa storia davanti a quel panorama. Vedrete, qualcosa arriverà: nella Napoli di oggi, avida di nuovi punti di riferimento sulla mappa d'una città riscoperta e affollata di turisti, sicuramente spunterà una targa per ricordare quel momento. Per ricordarlo agli altri: chi Napoli la ama e vive col sound del "Mascalzone latino"  non ha mai avuto bisogno di qualcosa oltre la sua musica.

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