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Piazza Masaniello al posto di Garibaldi: l’ipotesi che piace tanto a una parte di Napoli

A Napoli una statua di Masaniello al posto di quella di Garibaldi? L’idea torna attuale in Rete, tra pareri contrastanti. E c’è chi scherza: “Mettiamoci Totò”
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Una statua di Masaniello al posto di Giuseppe Garibaldi: una ipotesi che, tra il serio e il faceto, spunta ciclicamente di tanto in tanto sui social, suscitando sentimenti contrastanti. La questione è dibattuta da tempo, con basi più o meno storiche: a metà tra il revanscismo neoborbonico e la ricerca di un altro "simbolo" da affiancare (o per sostituire) quello "forestiero", la statua di Garibaldi nell'omonima piazza è da sempre una "proposta" divisoria, che trova però scarso riscontro nei corridoi dell'amministrazione comunale, che non ha mai oggettivamente ricevuto o riscontrato serie proposte in tal senso.

C'è però chi apprezzerebbe una statua di Masaniello nei pressi della Stazione Centrale: una "bozza" è stata perfino pubblicata dalla pagina "Masaniello", con un abile fotomontaggio, chiedendo le reazioni dei napoletani davanti a questa ipotesi. E i commenti sono stati variegati. Tra i napoletani infatti, non necessariamente neoborbonici, l'idea di uno dei protagonisti della Napoli del Seicento che possa avere una propria statua in città non sarebbe del tutto sbagliata come idea. C'è invece chi non ne vuole sentir parlare, spiegando che Garibaldi resta, ancora oggi, uno dei "giganti" dell'Ottocento italiano, simbolo di rispetto in tutto il mondo, legatissimo anche a Napoli dove, tra le altre cose, venne eletto anche deputato della prima Italia Unita a furor di popolo (al punto che lo stesso Garibaldi inizialmente non voleva presentarsi alle elezioni, ma i napoletani decisero di votarlo comunque). "Garibaldi non si tocca, ci ha liberato dai Borbone", si legge tra le reazioni alla proposta. Ma anche: "Fare una statua ad una persona che lo stesso popolo napoletano ha trucidato e calpestato?". C'è anche chi però si è detto entusiasta: "Sarebbe finalmente ora", "Via i piemontesi da Napoli". E non manca chi, ironicamente, cerca una soluzione che metta tutti d'accordo: "Mettiamoci Totò, e contenti tutti". Ma come si collocano, nella storia, Masaniello e Garibaldi con Napoli?

Chi era Masaniello per Napoli (e viceversa)

Tommaso Aniello d'Amalfi, noto più con il soprannome di Masaniello, è notoriamente uno dei personaggi napoletani più famosi della storia. Pescivendolo originario di vico Rotto, una stradina di piazza Mercato (ancora oggi esiste il palazzo dove nacque e visse), fu promotore della "grande rivolta" contro alcuni dazi imposta da Filippo IV di Spagna attraverso il suo plenipotenziario, Rodrigo Ponce de León, duca d'Arcos. La rivolta ebbe vita breve: iniziò il 7 luglio 1647 e finì il 16 luglio, in tutto appena dieci giorni. "Viva ‘o Rre ‘e Spagna, mora ‘o malgoverno", fu il grido dei popolani guidati da Masaniello, che dopo un primo successo (l'abolizione di alcuni dazi), iniziò però a manifestare segni di "squilibrio" mentale. La storia non ha mai saputo rispondere al quesito se questi segnali fossero dovuti ad un veleno o, più semplicemente, al fatto che era stato introdotto alla vita di corte alla quale non era assolutamente preparato.

In uno dei suoi ultimi discorsi millantò di voler costruire un ponte che collegasse Napoli alla Spagna, e di "allagare" piazza del Mercato per farne un porto. Alla fine, ordinò anche l'esecuzione di alcuni fedelissimi, e a quel punto venne tradito dai suoi stessi popolani: ucciso a colpi di fucile, venne decapitato, trascinato per le strade del Lavinaio, e il corpo gettato in un fosso tra la Porta del Carmine e Porta Nolana, vicino ai rifiuti. Gli venne però staccata la testa, che fu portata al viceré come prova della sua morte. I suoi assassini furono anche ampiamente ricompensati dagli spagnoli. Solo dopo qualche giorno, quando vennero reintrodotte le tasse che la strampalata "rivoluzione" di Masaniello aveva in effetti portato all'abolizione, i napoletani cercarono il "perdono" di Masaniello: venne recuperato il corpo (ancora tra i rifiuti) e vi fu ricucita la testa, dopo averli entrambi lavati nel Sebeto. Si tennero solenni funerali, e il suo corpo venne sepolto nella Basilica del Carmine a piazza Mercato: qui vi rimase fino al 1799, quando Ferdinando IV di Borbone ordinò che il corpo venisse distrutto e disperso, dal momento che voleva cancellare qualunque traccia di "rivolta" contro l'autorità regale. Oggi, a ricordarlo, c'è solo una lapide.

Chi era Garibaldi per Napoli (e viceversa)

Giuseppe Garibaldi non era napoletano, ma nizzardo. Ma tra le sue incredibili imprese in America prima e in Europa poi, ci fu anche la Spedizione dei Mille con la quale, partito da Quarto in Liguria, sbarcò in Sicilia e poi, risalendo il Meridione, fece il suo trionfale ingresso a Napoli il 7 settembre 1860, aprendo definitivamente le porte all'Unità d'Italia, poi suggellata dal Plebiscito che di lì a poco sancì anche ufficialmente il "ritorno" di Napoli all'Italia. Il suo legame con la città partenopea fin da subito fu fortissimo, tanto che nel suo primo discorso ai napoletani disse:

Voi avete il diritto di esultare in questo giorno, che è l’inizio di una nuova epoca non solo per voi, ma per tutta l’Italia, della quale Napoli forma la parte migliore, è veramente un giorno glorioso e santo, nel quale il popolo passa dal giogo della servitù al rango di una nazione libera. Vi ringrazio per il vostro benvenuto, non soltanto per me stesso, ma a nome di tutta Italia, che il vostro aiuto renderà libera e unita.

Lo stesso Giuseppe Mazzini, forte della popolarità di Garibaldi a Napoli, gli propose anche di non "restituire" il Meridione liberato all'Italia, ma di fondarmi una "Repubblica Italiana" da contrapporre alla monarchia sabauda, e partire proprio da Napoli per "liberare" il resto d'Italia anche dalla monarchia. Progetto che Garibaldi rifiutò perché avrebbe significato una guerra civile tra italiani, preferendo "attenersi al gran concetto di Dante: fare l'Italia anche col diavolo".

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