Pestaggi in carcere a Santa Maria, i garanti: “Gravità inaudita, fatto che desta allarme”
Gli episodi avvenuti il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, ed emersi in questi giorni con l'inchiesta giudiziaria che ha portato all'emissione di 52 misure cautelari, "suscitano profondo turbamento e grande preoccupazione". Lo afferma, in una nota, la Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private delle libertà. L'indagine era partita proprio dopo la segnalazione di Samuele Ciambriello, garante dei detenuti per la Campania, che aveva riportato le testimonianze di diversi detenuti che avevano denunciato di essere stati picchiati in carcere in quella che gli inquirenti definiscono "una orribile mattanza".
“Che personale addetto alle carceri – prosegue la Conferenza dei Garanti territoriali – abbia potuto, secondo l’ipotesi accusatoria, reagire con torture, violenze e intimidazioni di vario genere alle proteste inscenate dai detenuti dell’istituto di pena casertano, in seguito alla scoperta al suo interno di un caso di positività da Covid-19, è un fatto di una gravità inaudita che non può non destare indignazione e allarme, specie in un contesto come quello odierno in cui daremmo ormai pressoché per scontato che il rispetto della vita, dell’incolumità personale, della dignità umana e degli altri diritti connessi sia imposto da obblighi costituzionali inderogabili che non ammettono, in linea di principio, discriminazioni di trattamento tra cittadini liberi e persone recluse per motivi di giustizia.
Poiché però la realtà effettuale talora continua, purtroppo, a smentire la teorica pretesa che la legalità legislativa e costituzionale debba fungere da stella polare anche della gestione “concreta” delle carceri, riceve conferma l’indispensabilità della figura del garante dei diritti dei detenuti, prevista nel nostro ordinamento secondo una articolazione territoriale differenziata (cioè a livello nazionale, regionale e locale)".
La Conferenza dei Garanti, dopo aver sottolineato l'apprezzamento per l'intervento di Ciambriello e che sarà compito dei giudici verificare la fondatezza delle accuse rispettando le garanzie processuali per gli indagati, aggiunge che "resta il fatto che la magistratura interviene ex post, dopo che le reali o presunte condotte illecite sono state realizzate. Mentre l’attività di prevenzione, sotto diversi aspetti ancora più rilevante, spetta ad altri organi istituzionali individuabili in questo caso nel Dap e nei suoi vertici: i quali dovrebbero farsi nel futuro maggiormente carico di orientare la formazione professionale dei poliziotti e di tutto il personale penitenziario alla stregua di modelli culturali, criteri e metodi in grado di inibire alla radice il possibile manifestarsi di una mentalità contrappositiva e di atteggiamenti aggressivo-ritorsivi nei confronti della popolazione detenuta".
La Conferenza quindi sollecita "un supplemento di riflessione e di impegno in vista di una sempre più adeguata formazione culturale di tutto il personale carcerario" nei dirigenti del Dap ma anche nella neo ministra della Giustizia Marta Cartabia, "sia per scongiurare il ripetersi di eventi gravi e incresciosi del tipo di quelli verificatisi a Santa Maria Capua Vetere, sia per migliorare più in generale le condizioni complessive della vita detentiva”, fermo restando che, sottolinea, "sarebbe sbagliato prendere spunto da questa drammatica vicenda casertana per formulare giudizi di generalizzata censura nei confronti dell’intero corpo della polizia penitenziaria", composto per la maggior parte da agenti che operano nel rispetto delle leggi e che hanno "molto contribuito, con competenza e scrupolo, a fronteggiare l’emergenza sanitaria, così impedendo una diffusione di contagi intramurari che avrebbe altrimenti potuto assumere proporzioni assai allarmanti".
"Quanto accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere – conclude la Conferenza – dovrebbe costituire motivo di una rinnovata attenzione politico-istituzionale verso l’intero pianeta-carcere. Ciò ad un duplice, auspicabile scopo. Da un lato, per promuovere quelle iniziative e realizzare quegli interventi che appaiono da tempo necessari per riorganizzare e rendere più moderna ed efficiente l’amministrazione penitenziaria; e, dall’altro, per riprendere il cammino delle riforme, la cui interruzione ha finito col provocare non solo una situazione di stallo, ma anche una delusione di aspettative foriera di effetti ulteriormente pregiudizievoli nell’esperienza quotidiana di quanti vivono il carcere da reclusi, o vi espletano a vario titolo attività funzionali".