Perché non fu il film “Il Camorrista” a mitizzare la figura del boss Raffaele Cutolo
Raffaele Cutolo ha rotto gli schemi della camorra. Con il suo porsi sotto i riflettori, coi toni ironici e spavaldi ma non esplicitamente minacciosi delle risposte a giornalisti e magistrati. Una costruzione con cui si è imposto non come boss feroce e sanguinario, quale nei fatti era, ma come benefattore. Come leader, non semplicemente capo. E probabilmente è questo il segreto del suo successo, il motivo per cui, a distanza di 40 anni, la sua figura è ancora considerata tra le più carismatiche della camorra e della malavita organizzata in generale e lo sarebbe stata anche senza il film che (involontariamente) ha accresciuto il suo prestigio e senza il telefilm che, tra pochi giorni, sarà disponibile in streaming su Amazon Prime.
Cutolo, che ha passato gran parte della sua vita in carcere, ha costruito il suo potere proprio dietro le sbarre, tra quelli che erano nella sua stessa condizione. Si è proposto come capo di quelli che, in quel momento, erano più allo sbando: offrendo lavoro (non sempre illegale), "amicizia". Ha messo a sistema il welfare della camorra, provvedendo a fornire avvocati e anche il mero sostentamento economico a chi si avvicinava alla sua organizzazione. Tutto in chiave, ovviamente, criminale: stesso scopo, diversa strategia per raggiungerlo.
Il ruolo del film "Il Camorrista" di Tornatore
Nel 1986, quando il film di Tornatore è uscito nelle sale, il potere di Raffaele Cutolo era già al tramonto: tre anni prima c'era stata la maxi retata da centinaia di arresti, negli anni a venire il boss si sarebbe visto piovere addosso diversi ergastoli. Parallelamente, però, era il periodo in cui il professore di Ottaviano cresceva mediaticamente, e la sua figura si fondeva, e si confondeva, con quella del suo alter ego in cellulosa, il professore "di Vesuviana".
Del resto, molte delle battute del film trovano il loro corrispettivo nella vita reale. Come quando precisa: "Qualche volta mi sono allontanato, come da Aversa. Allontanato, non evaso. Un po'… rumorosamente". O, ancora, quando gli viene chiesto delle centinaia di morti della guerra di camorra: "Qualcuno c'aveva l'abbonamento con le pompe funebri…".
"Quel film è diventato subito un cult dei mafia-movie – spiega Marcello Ravveduto, storico e studioso della comunicazione mafiosa e docente all'Università di Salerno – perché entra in sintonia col sentire di quel pubblico che è più vicino al mondo della Nco, che ha già mitizzato e mitizza Cutolo come "il Professore" che è stato in grado di resistere a tutta la stagione dei pentiti e di costruire una dimensione di capo che è anche capo politico".
Una conseguenza che, probabilmente, lo stesso regista aveva già previsto e che aveva cercato in qualche modo di limitare. "Mi è capitato di parlare con Tornatore del film agli inizi degli anni Duemila – prosegue Ravveduto – e mi diceva che aveva cercato di ridurre la mitizzazione inserendo nel film l'assassinio del suo principale collaboratore, Alfredo Canale (che il "Professore" fa uccidere credendo che lo abbia tradito, ndr), sporcando così la sua figura. In realtà quella mitizzazione viene da quello che si costruisce intorno al boss. Cutolo è il primo boss in prima serata, che si fa intervistare in carcere, che racconta la sua vita da detenuto. Che dimostra che la prigione è anche un luogo di potere. Che mette in discussione Cosa Nostra e affronta i camorristi ad essa affiliati. È quello che dice ad Enzo Biagi che si sente un capo politico e a Joe Marrazzo che si sente come Robin Hood. Una visione di bandito sociale in un periodo storico in cui, dall'altra parte del mondo, si creava il mito di Pablo Escobar, il narcotrafficante che, anche lui, si paragonava a Robin Hood".
La nostalgia della "vecchia camorra"
E c'è un altro aspetto da tenere in considerazione. Nell'immaginario collettivo Raffaele Cutolo rappresenta il capo in grado di tenere sotto un'unica bandiera numerose organizzazioni criminali, di costruire praticamente un impero. Rappresenta, insomma, un potere enorme e il condottiero di una narrazione epica. "Attraverso quel film – dice Ravveduto – vediamo la dimensione di una camorra degli anni '80 che oggi ritroviamo in alcuni profili sui social network, di un potere, del tutto criminale e negativo, che per quel mondo, oggi composto da paranze e clan pulviscolari, rappresenta la grande guerra della Nuova Camorra Organizzata contro la Nuova Famiglia e costruisce un elemento di nostalgia mediale".
Il mito che si genera col film "il Camorrista", conclude Ravveduto, – "ci racconta che anche le classi popolari, marginali, border line, hanno necessità di costruire elementi di rappresentazione, un immaginario intorno a cui costruire la propria identità. Se c'è un elemento di successo del film e della sua riproposizione attraverso questa serie è sicuramente la dimensione identitaria di un mondo che oggi si sente alla deriva, che ‘è cambiato completamente. E c'è sempre quell'idea, di chi vive in contesti mafiosi, di porsi come un potere alla pari dello Stato".
Il Camorrista – La serie su Amazon Prime nel 2025
La serie, in 5 puntate, è stata girata nel 1985, contestualmente al film prodotto da Titanus Produzione e ReteItalia e uscito al cinema nel 1986. Il regista è sempre Tornatore, così come gli stessi sono gli attori principali: Ben Gazzara e Leo Gullotta nei panni, rispettivamente, del "professore di Vesuviana", che si ispira a Raffaele Cutolo pur senza mai citarlo, e del commissario – poi capo della Squadra Mobile – Iervolino, ispirato ad Antonio Ammaturo, capo della Mobile di Napoli ucciso in un agguato dalle Brigate Rosse nel 1982.
Le cinque puntate, di un'ora ciascuna, non sono mai andate in onda. L'attuale rielaborazione (prodotta da Titanus Production e Rti – Mediaset e distribuita da Minerva Pictures) è stata restaurata a cura dello stesso Tornatore. Il formato è stato cambiato (dall'1:33 originale a 16:9), il sonoro è stato convertito da mono al formato 5.1, i materiali originali sono stati riscansionati ed è stata apportata una nuova correzione del colore e sono state apportate lievi modifiche per ridurre la durata a circa 55 minuti, ma il montaggio è sostanzialmente invariato.