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Perché il “carusiello” si chiama così? L’origine e il significato della parola nel dialetto napoletano

Il dialetto napoletano conosce molte parole con una storia davvero particolare: come quella del “carusiello”, l’indispensabile oggetto sul quale il popolo contava in passato per conservare i propri risparmi. Questa parola, nata a Napoli durante la dominazione spagnola, è presente anche nel vocabolario italiano, ma con un significato molto diverso: ecco la sua storia.
A cura di Federica D'Alfonso
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Perché il "carusiello" a Napoli si chiama così?
Perché il "carusiello" a Napoli si chiama così?

La storia di alcune parole è difficile da ricostruire: alcune si confondono con altre, facendo perdere le tracce della loro vera origine. Le lingue si confondono, e italiano e dialetto si mischiano confondendo le coordinate culturali del linguaggio: è il caso, ad esempio, di molte parole del dialetto napoletano, entrate nel vocabolario dell’italiano. Ed è il caso, ad esempio, del “carusiello”: significati che si sovrappongono per un’origine poco chiara, che si intreccia con quella di altre parole molto, molto particolari.

A Napoli il “carusiello” ha una funzione molto importante: si tratta infatti del tipico salvadanaio di terracotta dalla forma sferica, con solo un’apertura per infilare le monete e nient’altro. Per aprirlo, bisognava per forza romperlo: una prova dura per la volontà del risparmiatore. Partendo da qui, in senso lato, il “carusiello” può indicare anche una piccola somma di denaro: ma qual è la sua origine?

Il “carosello” italiano e il legame col napoletano

Innanzitutto, si tratta di una parola molto particolare per il suo rapporto con l’italiano: è proprio a partire dal termine dialettale, infatti, che il “carosello” è entrato nel vocabolario della lingua italiana, seppur con significati e usi molto diversi dall'originale napoletano. Pur derivando da esso il “carosello” italiano è qualcosa di molto diverso dal “carusiello” partenopeo: ormai poco usato, indicava i tornei storici di cavalieri impegnati in giochi di vario genere, gare di giovani e giochi e, per esteso, veniva utilizzato per definire qualcosa di disordinato e sfrenato.

Da "carosiello" a "caruso", e la Napoli spagnola

Ma se è accertato che nel rapporto con la lingua italiana il carosello è un vero e proprio dialettismo, non altrettanto certa è l’origine del termine napoletano. L’ipotesi di derivazione dal francese “carrousel” è ormai considerata sbagliata, poiché basata su una somiglianza fonetica ma non sull'effettiva coincidenza di significato. L’ipotesi francese si basa su una probabile etimologia latina, non del tutto definita: alcuni dizionari storici la rimandano a “carrum”, in riferimento appunto alle giostre e ai giochi di piazza, mentre altri al termine “cariosus”, che vuol dire “glabro, rasato”.

Ed è proprio quest’ultima ipotesi quella che lega i due diversi significati che la parola ha in italiano e in dialetto napoletano: secondo molti studiosi, fra i quali compare anche Benedetto Croce, l’origine più probabile della parola “carusiello” è da rintracciare nel suo legame col “caruso”, ovvero con la “testa rasata” che anticamente oltre ad indicare uno specifico taglio di capelli era usata per chiamare un gioco molto, molto particolare.

Siamo nel Seicento, e uno dei giochi che va per la maggiore nelle strade di Napoli è quello del “caruso”, appunto: con una probabile origine araba, questo passatempo veniva praticato soprattutto dagli spagnoli, e consisteva nel lanciarsi palle di creta liscia, in tutto e per tutto simili a teste rasate, senza capelli, “cariosus” appunto. La somiglianza fra i due oggetti, evidentemente, spinse i napoletani ad assimilare questi due concetti molto diversi: l’origine ludica della parola riconferma, peraltro, la particolare connotazione che essa assume in italiano.

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