Peppe Iodice ha riabilitato lo show in Campania: “Il Peppy Night unisce l’alto e il basso”
Venerdì 28 maggio va in onda su Canale 21 l'ultima puntata del Peppy Night Fest – La variante comica. Lo show di Peppe Iodice ha riacceso, dopo anni di tentativi a vuoto, l'interesse per le trasmissioni comiche della Campania che, con l'avvento delle nuove piattaforme e dei nuovi linguaggi, hanno sempre fatto fatica a trovare lo spazio e il tempo di germinare in veri e propri cult come sono stati in passato Telegaribaldi, Funikulì Funikulà, Tamarradio e ancora Pirati o Movida. Tutti show che, in un modo o in un altro, cercavano di replicare la stessa grammatica dei programmi nazionali di successo (da Mai dire Gol a Macao), una cosa che invece non è avvenuta e non avviene nel programma di Peppe Iodice, che da questo punto di vista è assolutamente primigenio.
In dodici puntate, il Peppy Night è stata una variante comica di quelle impazzite che ha fatto sedere allo stesso tavolo personaggi "alti" come Paolo Ascierto, Maurizio de Giovanni, Maria Grazia Cucinotta, Catello Maresca, Paolo Belli, Antonio Bassolino, Stefano De Martino e personaggi "bassi" come Alvaro Vitali, Mauro Nardi, Gigione fino a quelli "bassissimi", le stelle di TikTok, Papusciello (!!!) e Enzo Bambolina (cercateli su Google, vi si aprirà un mondo). Il paese reale, si direbbe, è stato ricreato sul palco di Peppe Iodice dove – con leggerezza, non con superficialità – si è riso sempre di gran gusto. A Fanpage.it, Peppe Iodice chiude il cerchio di questa fase importante per la sua carriera e racconta sé stesso tra passato, presente e futuro.
Peppe, prima di cominciare, voglio confessarti una cosa: non ricordo quando, ma c’è stato un momento in cui non mi piacevi.
Ah, si? Guarda, forse la chiave è in quello che mia moglie dice spesso: “Peppe, sei maturato tardi”.
Quanto ci hai messo per maturare?
Faccio questo lavoro da trent’anni e ogni anno ho fatto un passaggio in più, ho trovato uno spunto in più. È stato estenuante perché la famosa gavetta è durata tanto. Sono più consapevole, oggi. Ho le idee chiare e ci è voluto tempo. È anche vero che il tempo stesso ti regala maggiore esperienza e maggiore possibilità di imporre il tuo modo di fare.
Un modo di fare che è diventato straripante con il Peppy Night.
È stata un’esperienza unica, la più importante della mia carriera nata per una scelta precisa: non potevo restare ancora una volta a casa in lockdown. Altrimenti non avrei mai accettato.
Perché?
Perché le trasmissioni comiche regionali dopo Telegaribaldi hanno sempre fatto tanta fatica a funzionare. Per questo, ho chiesto carta bianca al 100%, hanno accettato ed è andata bene. Ho fatto tutto con la consapevolezza di chi non ha nulla da perdere. E mi hanno seguito Francesco Mastandrea con Marco Critelli, Francesco Procopio, Decibel Bellini, Lello Marangio che scrive con me, senza di loro tutto questo non potevo farlo.
E adesso l’ultima puntata: cosa ci aspetta?
Non posso dirtelo. Non ho mai annunciato gli ospiti perché ho sempre voluto creare il corto circuito sul palco, tra gli stessi protagonisti, come a casa. Se avessi annunciato Gigione e i 99 Posse nella stessa puntata, non ci sarebbe stato lo stesso effetto vederli cantare insieme. Così come vedere Mauro Nardi e Paolo Belli cantare Innamorarsi o la sigla di Ballando con le stelle. Poi ci abbiamo preso gusto e abbiamo alzato sempre l’asticella e penso a Maria Grazia Cucinotta con la controfigura del postino, a Catello Maresca con Biagio Izzo, Francesco Paolantoni e Stefano De Martino, a Bassolino con i Gipsy Fint che cantava P’apparì P’apparà.
È la cifra del tuo show, unire l’alto e il basso.
Io sono sposato con una laureata in sanscrito, lei è il mio alto. Quindi unire l’alto e il basso è la cifra della mia vita. Ma è comune a tanti. Ti faccio un esempio. Quando mi capita di essere a cena con un artista che fa musica colta, per esempio, gli chiedo se conosce “Chillo va pazzo pe’ te”, lui prende e te la comincia a cantare. È sorprendente. Quello che ho voluto fare in questo spettacolo è stato anche questo. Riprodurre il clima di quei momenti personali.
A proposito di cantanti napoletani, tra le tante cose che hai fatto hai costretto Sal Da Vinci a cantare “O Motorino” e “Gelato alla menta”, che non cantava più da trent’anni.
E questa cosa nasce sempre da un ricordo personale. Una volta feci uno spettacolo in carcere con Gigi Finizio. Quelli che stavano nel carcere non conoscevano per niente il suo repertorio degli ultimi venti anni e lui voleva per forza cantare tutte le canzoni che aveva in promozione. I carcerati gli gridavano contro: “Noooo, voglio sentì Papà, è Natale”, che lui cantava da piccolo. Mi rendevo conto che avevano ragione, perché i pezzi nuovi non potevano conoscerli stando in galera chissà da quanto.
I format locali hanno sempre attinto da quelli nazionali, Telegaribaldi per esempio replicava lo schema di Mai dire Gol e di Striscia. Il Peppynight può essere una sorta di Propaganda Live di solo cazzeggio?
Ti dico la verità: io non ho attinto da nulla con coscienza. Poi le forme dello spettacolo, le posizioni, le luci possono trarre in inganno, ma questo programma credo abbia una grammatica difficilmente ripetibile, sia all’ingresso che all’uscita. Dodici puntate di due ore con un copione sempre nuovo, è dura di per sé ed è già difficile pensare a una seconda stagione.
Ah, quindi non si farà una seconda stagione?
Me l’hanno offerta ma non sono sicuro. Abbiamo dato tantissimo in questa edizione e non vorrei che si creasse un surrogato di quello che è stato. Poi le cose si evolvono rapidamente, dipende. È una decisione che adesso non posso prendere, devo capire anche la vita come va. La vita è imprevedibile e l’abbiamo visto con la pandemia.
Durante la pandemia, però, è nata una nuova fase della tua carriera.
Io non mi aspettavo di fare quel percorso social durante il lockdown. Stavo male perché non potevo lavorare e allora riversavo tutto sui social. E lì ho decuplicato il mio pubblico. Gente che non sapeva assolutamente chi fosse Peppe Iodice ha cominciato a conoscermi.
Il pubblico è sempre stato con te?
Assolutamente no. Ho fatto gli sketch sul Napoli per dieci anni e lì per esempio ho capito quanto è difficile parlare di calcio e stare in quel mondo. Qualsiasi cosa tu dica, diventi divisivo. Diventi un paladino per alcuni, per altri devi letteralmente morire. E infatti ho ricevuto minacce di ogni tipo e ogni genere, come persone di Torre del Greco – per assurdo – che mi dicevano: deve scoppiare il Vesuvio e devi morire. Io? E tu, che sei di Torre del Greco?
A proposito di dividere, sono state settimane molto calde per alcuni tuoi colleghi, su tutti Pio e Amedeo e Michela Giraud.
Pio e Amedeo così come Michela sono grandi amici, li conosco e sono convinto che dispongano di grande sensibilità, a dispetto di quanto si è detto e si è scritto. A me, però, interessa la sincerità nella comicità. Se tu parti dal presupposto di dire quello che pensi, ti prendi la responsabilità e vai. Se sento che in quel messaggio c’è il tentativo, il sottotesto di creare la polemica a tutti i costi, lo scandalo, allora non ci sto.
In che senso?
Nel senso che molto spesso c’è la pretesa tra noi comici di aggettivare la stessa comicità. Spesso accade quando magari la gente non ride più (o non ride mai) ai tuoi spettacoli. “Una comicità di pensiero”, dicono alcuni. No, è un’altra cosa. La comicità è quella semplice, quella che fa ridere. O fai ridere oppure no. Il resto non m’interessa.
A proposito di far ridere. Hai pescato dal web un personaggio che sta facendo discutere, tale Papusciello.
Ho visto cinque mesi fa un video di Papusciello e ho cominciato a ridere e a non smettere più. Lui dispone di una “ignoranza meravigliosa”, mettiamola così. Non sa parlare ma ha una fantasia e una creatività in grado di spiazzarti. Le sue risposte assurde mi affascinano.
Sai delle critiche che si sta attirando? Del fatto che gira nei locali come testimonial, che prende soldi come un artista vero e proprio?
È in un momento di grande popolarità che difficilmente credo possa sostenere con serenità. In quelle due ore, però, vedo una persona felice. Poi tutto quello che è fuori dal Peppynight non è di mia responsabilità. Come dire, non sono il padre di Papusciello.
Senti, chiudiamo il cerchio, ho ricordato qual era il periodo in cui non mi piacevi: indossavi sempre un maglioncino verde.
Ah, Birillo! Ma Birillo era un mezzuccio. Mi dicevano sempre che non ero televisivo e Birillo mi è servito per entrare in tv. Con quello ho fatto Zelig Off e sono riuscito ad aprirmi una strada. Ora, però, quel maglioncino è finito in soffitta.