L’ultimo partigiano delle Quattro Giornate di Napoli: “Studiate per combattere la deriva fascista”
Quando Antonio Amoretti, l'ultimo partigiano delle Quattro Giornate di Napoli, rese quest'intervista a Fanpage.it, nel 2021, aveva 95 anni. È deceduto nel dicembre 2022.
Antonio Amoretti ha un ricordo lucido delle Quattro Giornate. Le descrive come se le vivesse una seconda volta. «Cominciamo a sfatare un mito. Le Quattro Giornate di Napoli, secondo alcuni, sono state un movimento spontaneo, non è così. Perché io la sera del 27 settembre 1943, ero 16enne, sapevo quello che si doveva fare la mattina del 28».
Mentre si accomoda nel suo ufficio, dove custodisce quel che resta dell'inizio della Resistenza italiana, precisa più volte: «Napoli ha avuto il privilegio di essere la prima città a liberarsi da sola. Noi ci chiamavamo patrioti, insorti. Poi siamo diventati partigiani».
Quello di" Tonino il biondo" è un racconto prezioso. Amoretti è, infatti, l'ultimo partigiano in grado di poter raccontare le 96 ore da cui partì la Resistenza. Ricorda quel 27 settembre come se fosse ieri. «Mio padre disse a mia mamma: "Domani, si scende in strada, si spara e si muore. A stu pazz' (Antonio Amoretti 16enne ndr) non lo far uscire". Io invece uscii». Ma come faceva la famiglia Amoretti a sapere che il giorno successivo avrebbe preso parte all'insurrezione napoletana?
La cellula antifascista a Napoli e l'inizio dell'insurrezione contro i nazisti
"Avevano costituito una cellula di cilentani antifascisti. Si riunivano presso lo studio di Ciccio Lanza di Marina di Camerota, che era conosciuto come il dentista comunista di via Foria. Quando arrivava la Polizia (fascista ndr) loro stavano là per curarsi i denti e non succedeva niente. Ecco il giorno 27 papà partecipa alla riunione presso Ciccio Lanza, il dentista comunista di via Foria. Arriva a casa e a mia mamma dice, guarda che domani si scende in strada e si spara». Il giorno successivo, nonostante le raccomandazioni del padre, Antonio esce, prendendo la vecchia pistola che avevano in casa, mentre il padre lotta contro un attacco di malaria, che gli impedisce di partecipare alla rivolta. Così Tonino il biondo arriva alla barricata più vicina alla sua abitazione dove, tra gli altri, c'era anche Maddalena Cerasuolo. Partigiana passata alla storia per aver contribuito a difendere il ponte della Sanità, che oggi porta il suo nome. «Moltissime donne hanno combattuto le Quattro Giornate. Ho sempre detto che senza l'apporto delle donne le Quattro Giornate non si sarebbero fatte, perché hanno svolto un ruolo importantissimo».
La mattina del 28 settembre 1943
«Stavo alla barricata mia, con il mio comandante che era Nicola Lembo un ufficiale calabrese fidanzato con una ragazza napoletana», racconta Amoretti. «Questo giovane ufficiale si era rifugiato nella casa della fidanzata ovviamente. Lui aveva sbarrato la porta d'ingresso di questo appartamento, l'aveva sbarrata con delle assi di legno inchiodate, per segnalare che non c'era nessuno. La barricata stava a pochi metri da questo palazzo. In questo palazzo c'era anche un mio compagno di scuola e quando da una balconata di fronte i fascisti filotedeschi sparavano, siccome ero amico del figlio di questa famiglia (che viveva nel palazzo ndr) dissi io entro, posso andare perché mi conoscono. E cominciai a sparare contro i fascisti e i tedeschi che si trovavano nel palazzo di fronte. Loro stavano in una posizione di vantaggio stavano sopra, noi stavamo in strada. Ho sparato, fortunatamente non sono morto e ho trasmesso, ho cercato di trasmettere, questi valori di libertà, di democrazia e soprattutto di pace».
La lezione di Tonino il biondo, l'ultimo partigiano delle Quattro Giornate
«Quando sono uscito di casa il 28 mattina sono andato casa per casa dei miei compagni di quartiere, perché avevo un ruolo di dirigente dei ragazzi. Non perché ero il più bello o il più intelligente, ma perché ero l'unico studente. Dovete studiare, perché è l'unica difesa che abbiamo per sconfiggere questa deriva filonazista, filofascista. Più imparerete, più potrete difendere i vostri progetti per l'avvenire. Sono la prova vivente, perché io non ero nessuno non ero figlio di qualche boss o figlio di un ricco, no io avevo un solo privilegio rispetto alla massa di giovani del mio quartiere: che ero l'unico studente e comandavo. Questa è la risposta che do ai giovani, studiate acculturatevi. Più saprete, meglio vi potrete difendere contro questa deriva neonazifascista. L'unica arma è la cultura, acculturatevi!»