“Parco Verde simbolo della malagestione di Caivano”: a ex sindaco e assessori chiesti 250mila euro
Un danno erariale di 256.059,6 euro, così distribuito: 69.205,2 euro imputabili all'ex sindaco Antonio Falco, 31.142,4 euro a testa causati dalle decisioni degli ex assessori Francesco Casaburo, Bartolomeo Perna, Enzo Pinto e Vincenzo Semonella, Antonio De Rosa e Giulio Di Napoli. Sono le conclusioni della Procura regionale della Corte dei Conti della Campania, che ha chiesto la sanzione per gli ex amministratori che avevano guidato il Comune di Caivano, in provincia di Napoli, nel periodo tra il 2011 e il 2014. Simbolo di quel malgoverno, si legge nel ricorso presentato alla Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per la Campania, la gestione degli alloggi popolari e i locali commerciali del Parco Verde, tra occupazioni abusive e canoni di locazione non riscossi.
Per i sette i pubblici ministeri Licia Centro e Davide Vitale hanno chiesto la sanzione massima consentita dalla legge, ovvero un importo pari a venti volte l'indennità di carica percepita al momento delle violazioni ipotizzate. L'udienza pubblica di discussione del ricorso sarà celebrata nel gennaio 2024. Secondo gli inquirenti "la gestione lassista e disinvolta" avrebbe "causalmente alimentato e provocato la dichiarazione di dissesto, creando, vieppiù, negli anni, terreno fertile per le fortissime ingerenze della criminalità organizzata".
La saldatura tra camorra e politica a Caivano
Negli ultimi mesi il Comune di Caivano è stato sciolto due volte: il 31 agosto per le dimissioni di 13 consiglieri su 24 (in quella circostanza venne nominato un commissario) e la seconda volta pochi mesi dopo, nello scorso ottobre, su decisione del Consiglio dei Ministri, che aveva nominato 3 commissari.
La camorra del Parco Verde sarebbe riuscita a infiltrarsi anche nel Comune: lo scorso 10 ottobre, in un blitz dei carabinieri coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia, erano finiti agli arresti anche diversi amministratori pubblici accusati, tra l'altro, di avere favorito il gruppo del boss Antonio Angelino, legato ai Sautto-Ciccarelli. Le misure cautelari erano state notificate, tra gli altri, a Carmine Peluso (ex assessore ai Lavori pubblici), Giovanbattista Alibrico (ex consigliere comunale di maggioranza) e Armando Falco (segretario cittadino di "Italia Viva" e parente dell'ex sindaco).
Il Parco Verde simbolo della malagestione
Le indagini hanno riguardato il periodo tra il 2006 e il 2015 e le responsabilità sul dissesto finanziario dell'ente, deliberato dal Consiglio comunale nel 2016. Alcuni degli amministratori chiamati in causa oggi erano stati già oggetto delle attenzioni della Procura contabile per la gestione degli alloggi popolari del Parco Verde, vicenda che si era conclusa con una condanna delle condotte e del ruolo dell'ex sindaco, ritenuto dai magistrati "dominus di un sistema di illegalità nella gestione complessiva dell'ente, che si specchiava in bilanci contrastanti con le più elementari regole della contabilità, ed in primis, con i principi di veridicità e prudenza nella formazione dei bilanci pubblici".
Gli inquirenti nel ricorso individuano le condotte dell'ex sindaco Falco come principali cause del tracollo finanziario dell'ente. In particolare, si legge, avrebbe "continuativamente approvato bilanci di previsione irregolari e non veritieri, esponenti entrate sovrastimate rispetto ai residui costantemente manutenuti in bilancio nonostante la dubbia attendibilità delle voci, senza che, a sostegno della iscrizione, vi fosse alcuna documentazione giustificativa".
A questa condotta attiva gli inquirenti affiancano quella omissiva, consistita nella "mancata adozione di qualsiasi atto correttivo inteso a rimuovere le gravissime criticità, in primis per il recupero dell'evasione e contrasto dell'elusione dei tributi comunali, costantemente evidenziate nelle relazioni del Collegio dei revisori".
E in questo aspetto si colloca il capitolo Parco Verde, definito "vicenda sintesi e simbolo del lassismo gestionale della compagine amministrativa chiamata in causa". La questione è quella della mancata riscossione delle spettanze per le occupazioni abusive degli alloggi di edilizia popolare.
Il sindaco, continuano gli inquirenti, era a conoscenza di questo problema ma non aveva fatto nulla per porre rimedio. E da questa situazione era derivato un ulteriore "dannoso squilibrio economico e di cassa nel bilancio in cui sono state iscritte entrate non realizzate e neanche non realizzabili di non trascurabile consistenza che una volta iscritte in bilancio hanno consentito di bilanciare la spesa in aumento di detto anno procurato ulteriore insolvibilità nella spesa per entrate non realizzabili".