Il Parco Verde di Caivano proprietà della camorra: il boss pagava pure la pulizia delle strade
Si dice spesso che nei fortini di camorra viva anche gente perbene. Precisazione ovvia e ormai stucchevole, che da un lato vuole restituire giustizia a chi abita in complessi degradati dove la malavita organizzata si è radicata, ma che dall'altro non rende l'idea di quanto in certi contesti sia diventata simbiotica la presenza della camorra, che non solo si appropria di spazi pubblici (e spesso privati) ma, come vogliono le logiche del consenso, si sostituisce allo Stato infiltrandosi nelle pezze e nei buchi delle istituzioni. È quello che succedeva al Parco Verde di Caivano, dove persino la pulizia delle strade era gestita ai clan.
Mondo a sé, quello del complesso popolare alle porte di Napoli che al resto di Caivano è diviso da mura e cancelli, proprio come fosse appunto una roccaforte. Ci sono due scuole, persino un presidio dell'Asl Napoli 2 Nord, ma soprattutto c'è la camorra che, letteralmente, la fa da padrona. Scenario ricostruito dalle indagini che hanno portato all'ordinanza eseguita ieri dai carabinieri: 51 misure cautelari contro il gruppo criminale che gestiva il traffico di stupefacenti di uno dei principali supermarket della droga d'Europa, sotto l'egida del boss Nicola Sautto, capoclan da 130mila euro al mese e dominus di ogni grammo di cocaina che passa nelle piazze di spaccio e nel naso dei clienti che arrivano in processione da ogni parte della regione.
Acido per sciogliere i nemici e kalashnikov nella scuola
La camorra del Parco Verde erogava servizi e angherie. Punizioni esemplari, come la fine atroce decretata per un capopiazza dei Sautto-Ciccarelli che era entrato in contrasto con un altro trafficante: ammazzato e sciolto nell'acido, così che la famiglia non avesse nemmeno un corpo da seppellire; il proposito poi saltò perché il boss Sautto concesse l'autorizzazione a spacciare crack a quello che avrebbe dovuto attirare la vittima in trappola e che aveva già disposto di preparare la vasca.
O, anche, scene di guerriglia da film: nel periodo in cui il traffico di droga era conteso tra Massimo Gallo e Antonio Ciccarelli, i killer del primo si asserragliarono per settimane in una scuola media armati di kalashnikov per preparare l'agguato. E, ancora, le ritorsioni verso un residente del Parco Verde, che secondo il gruppo Gallo aveva fatto una "soffiata" alle forze dell'ordine su una delle piazze di spaccio; l'uomo, che in realtà non c'entrava nulla, fu aggredito, fu picchiato anche il genero e le loro automobili furono bruciate. Non ci fu nessuna denuncia per paura di ritorsioni ma gli arresti arrivarono ugualmente: i militari li stavano già intercettando e intervennero quando scoprirono che avevano deciso di arrivare all'omicidio.
La pulizia del Parco Verde gestita dai camorristi
Nel fortino del Parco Verde, però, anche i servizi essenziali erano made in camorra. Tutto parte delle logiche del consenso: palazzoni trasformati in piazze di spaccio, ma aiuole e strade pulite. Dove non arrivava il Comune coi propri spazzini, ci pensava la malavita organizzata ad assoldare operai. Più precisamente, era compito di Pasquale Fucito, detto il Marziano, che era subentrato a Massimo Gallo come fornitore di cocaina per le piazze di spaccio: un ruolo gestito praticamente in monopolio (condiviso soltanto con Gennaro Sautto, fratello del capoclan) e che manteneva pagando "tra i 50 e i 100mila euro ogni 15/30 giorni" a Nicola Sautto.
Fucito, racconta il collaboratore di giustizia Montesano, aveva macchine lussuose e distribuiva stipendi anche ai familiari, per la moglie aveva disposto uno stipendio di 3mila euro nel caso fosse stato arrestato: "Essendo il più ricco si occupa anche di tutte le spese, per esempio di pulire il Parco Verde". Una vita nel lusso, dovuta agli enormi quantitativi di cocaina che comprava e rivendeva: il collaboratore racconta di avere scortato un ragazzo che aveva nascosto sotto la maglietta mezzo milione di euro, soldi che erano stati mandati da Fucito a Nicola Sautto. Un altro collaboratore racconta di avere visto il Marziano consegnare personalmente 700mila euro in contanti a Massimo Gallo, quando quest'ultimo era ancora il principale narcotrafficante, come pagamento di vecchie forniture di stupefacenti.