È una domanda "in vigore" dai tempi di Mimì dei cani, lo storico ex ricettatore di Rolex dei Quartieri Spagnoli: gli orologi di lusso, i Rolex, i Patek Philippe, i Cartier, a Napoli hanno cittadinanza o no? La risposta non è così semplice, tant'è che il quesito resiste negli anni ed è riproposto ad ogni scippo eccellente (attore, calciatore, imprenditore o vip) avvenuto all'ombra del Vesuvio.
Ogni qual volta si verifica un caso del genere la città si divide. C'è chi ha vergogna dell'accaduto, si mortifica e magari chiede scusa allo scippato-rapinato di turno sostenendo che «Napoli non è questa», o meglio che non è «solo questa» dei delinquenti pronti ad assaltare l'ultimo arrivato.
Parimenti vi è chi sostiene invece, molto freddamente, che è inevitabile un rischio del genere e che girare per le strade della città con un orologio costoso equivale a fare di se stessi un bersaglio. Dunque che un po' uno "se la cerca".
Dov'è la verità? Dove il punto d'incontro fra due opinioni così diverse? Qualche anno fa molti napoletani si offesero perché i portieri di alcuni alberghi famosi o alcune compagnie di viaggio o navi da crociera suggerivano ai clienti stranieri in arrivo da queste parti di posare l'orologio in stanza e addirittura gli fornivano un "orologio di cortesia" da poche lire. Cosa fare, dunque? C'è da offendersi per l'atto preventivo di tutela o da mortificarsi per l'avvenuto (a dir di qualcuno inevitabile) fattaccio?