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Omicidio Rosa Alfieri, D’Ambra mima le fasi: “L’ho afferrata, sono tornato in me che era già morta”

Elpidio D’Ambra, reo confesso dell’assassinio di Rosa Alfieri, al processo ha ripercorso le fasi dell’omicidio, raccontando l’aggressione ordinata “dalle voci”.
A cura di Nico Falco
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Rosa Alfieri (a sx) ed Elpidio D'Ambra (a dx)
Rosa Alfieri (a sx) ed Elpidio D'Ambra (a dx)

Ha ammesso, ancora una volta, di avere ucciso Rosa Alfieri, ha anche mimato i gesti, mostrando come l'ha afferrata e poi trascinata dentro casa, poi il vuoto: sostiene di essere tornato in sé quando le aveva già stretto le mani al collo, quando lei era già morta. Così Elpidio D'Ambra, il 31enne reo confesso, davanti ai giudici della seconda sezione di Corte di Assise di Napoli.

Nell'aula 116 del Tribunale il giovane ha raccontato quello che accadde nelle prime ore del pomeriggio del 2 febbraio 2022. Spiega, talvolta inciampa, spesso non ricorda. Quando le domande si fanno incalzanti, sbotta: "Mi fate sempre la stessa domanda, ho detto che non ricordo, sono stato io, datemi l'ergastolo". E subito dopo chiede scusa: è sotto effetto di psicofarmaci, dice.

Rosa Alfieri uccisa a Grumo Nevano

Quel pomeriggio, ha raccontato D'Ambra, aveva assunto della droga. Mezzo grammo di cocaina la mattina, un grammo intero il pomeriggio e subito dopo anche mezzo grammo di crack. Le voci, quelle nella testa, le sentiva già da una settimana. Come un vociare confuso, che qualche ora prima si era fatto più distinto e diceva "cocaina, cocaina".

Ed era ancora sotto l'effetto di stupefacenti quando ha chiesto a Rosa di entrare in casa sua per aiutarlo a capire cosa fosse scritto nel suo contratto d'affitto. Erano state, sostiene, sempre le voci a dirglielo. Quelle stesse che subito dopo gli avrebbero ordinato: "Uccidi, altrimenti noi uccidiamo te".

"L'ho afferrata, poi non ricordo cosa è successo"

Rispondendo alle domande del pm della Procura di Napoli, degli avvocati e del giudice, il 31enne ha raccontato di avere afferrato Rosa alle spalle, tenendole un braccio al collo, come "la presa che si fa per far addormentare", quella dei lottatori. Poi, però, non ricorda altro: "Quando mi sono ripreso ero a terra, con le mani intorno al collo di Rosa… capisco il dolore di suo padre, chiedo scusa a voi… so che la famiglia non mi perdonerà mai. E hanno ragione, chiedo aiuto a voi e a Dio".

Ancora una volta, D'Ambra ha negato di voler violentare la ragazza. E sostiene di non ricordare di quello straccio che gli investigatori hanno trovato in bocca alla ragazza, non sa se è stato lui a metterlo per non farla urlare. Una volta resosi conto di averla uccisa, ha raccontato, la fuga verso Napoli: la corsa verso la stazione, il treno, il taxi con cui si è fatto accompagnare a comprare dei vestiti, perché indossava ancora gli abiti da imbianchino, e da cui si è fatto portare al rione Traiano, nella cosiddetta 99, per comprare altra cocaina. E, infine, l'arresto: "Si vede nelle telecamere dell'ospedale San Paolo, sono stato io a chiamare la polizia per farmi arrestare".

L'istruttoria del processo sarà chiusa il prossimo 28 marzo, quando il pubblico ministero farà la requisitoria. La discussione delle parti civili (rappresentate dall'avvocato della famiglia Alfieri Carmine Busiello e dall'avvocato della Fondazione Polis Gianmarco Siani) è stata invece fissata per il 4 aprile, mentre il 13 aprile sarà la volta dell'avvocato Mattia Cuomo, legale dell'imputato.

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