Omicidio Durante: “Emanuele non ce l’ha fatta, la camorra fa sistema noi non ci riusciamo”

“Per la politica la cura dei ragazzi non è una priorità”, spiega il coordinatore del patto educativo. Manca il tutoraggio alle famiglie multiproblematiche e gli interventi sui più piccoli. Non c’è una visione complessiva dell’intervento sui minori a Napoli.
A cura di Antonio Musella
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La vittima, Emanuele Durante
La vittima, Emanuele Durante

Emanuele Durante è stato assassinato a soli 20 anni. La sua è stata una esecuzione, come avviene per gli appartenenti alla criminalità organizzata, nonostante la giovanissima età e lui non risulti collegato a nessuna organizzazione camorristica. Era stato segnalato dai servizi sociali per un percorso di recupero, dopo una vecchia denuncia per rissa. Eppure quel percorso che aveva iniziato non è riuscito a salvarlo, è morto ucciso a colpi di pistola, ancora praticamente adolescente.

Era il cugino di Annalisa Durante, vittima innocente della camorra, anche se i due non si sono mai conosciuti, Emanuele era nato nel 2005 ed Annalisa fu stata uccisa nel 2004. L'omicidio di Emanuele ha riaperto, ancora una volta nell'ultimo anno, il tema della violenza minorile e della cura dei ragazzi di Napoli. Ne abbiamo parlato con Gennaro Pagano, coordinatore del Patto educativo, l'idea progettuale lanciata dall'arcivescovo di Napoli, Don Mimmo Battaglia, che vede impegnati nei quartieri, scuole, associazioni e parrocchie, proprio nella cura dei minori a rischio.

"Il recupero è iniziato troppo tardi"

Emanuele viveva nel Rione Sanità, a quanto apprende Fanpage.it, con il padre, separato dalla madre che invece viveva a Forcella, quartiere dove Emanuele era nato. La segnalazione ai servizi sociali lo aveva portato ad incrociare i progetti per minori attivi nel Rione Sanità. Aveva iniziato il suo percorso nei primi giorni di febbraio, non era andato molte volte, ma aveva comunque iniziato a frequentare le attività, l'ultima sua presenza una settimana circa prima dell'omicidio che lo ha strappato alla vita. Ancora una volta una morte troppo giovane. "Emanuele è un ragazzo che non ce l'ha fatta – ci dice Gennaro Pagano – come molti altri non ce la stanno facendo, ed altri ancora non ce la faranno se non usciamo dall'idea che questa sia un'emergenza. L'emergenza è ciò che emerge, il tema dei minori a Napoli è una realtà da moltissimo tempo".

Sebbene avesse iniziato il percorso di recupero, Emanuele avrebbe avuto bisogno di sostegno probabilmente molto prima. "È possibile che quel percorso, indipendentemente da chi lo ha fatto, era una goccia di bene in un oceano di male – sottolinea Pagano – è stato preso tardi perché quando vieni segnalato dai servizi sociali probabilmente è già tardi. La letteratura scientifica ci dice che la fascia su cui bisogna intervenire per i minori che vengono da famiglie multiproblematiche è quella da 0 a 6 anni. Ma quanti progetti ci sono a Napoli su questa fascia d'età? Ce ne sono alcuni ma sono pochissimi. Quanto tutoraggio c'è delle famiglie difficili? Occorre ragionare di una presa in carico integrale".

Il patto educativo ha permesso il sorgere di diversi progetti in diverse zone della città, con particolare focus sui minori a rischio, ma quello che manca ancora è un coordinamento vero, oltre che un investimento sulle fasce d'età più piccole che consentirebbe davvero l'inizio di un percorso strutturato per i minori a rischio, in grado di evitare di farli percorrere le strade sbagliate. Ma questo tipo di interventi è sicuramente tra i più costosi in termini di investimento, per competenze da coinvolgere e per numero di operatori. Ma un percorso verso di presa in carico, non può essere relegato ad interventi parziali che magari, come nel caso di Emanuele Durante, arrivano troppo tardi.

"Per la politica la cura dei ragazzi non è una priorità"

Il tema diventa quindi, inevitabilmente, il sistema delle politiche sociali che agiscono sulla città di Napoli. "La cura dei ragazzi non è una priorità per una buona parte della città di Napoli – spiega Pagano – sicuramente non lo è per la politica. Lo vediamo ad ogni elezione, le regionali, le amministrative, le politiche, l'educazione non è un tema, i candidati non parlano mai di questo. Noi dobbiamo lavorare ad un intervento complessivo orientato ai ragazzi ma anche alle famiglie, per fare questo occorre che le istituzioni camminino insieme e che facciano rete con il privato sociale e con il volontariato, che a loro volta devono farlo con le scuole, le parrocchie e le realtà sportive, se uno solo di questi attori si tira indietro non andiamo da nessuna parte, la camorra fa sistema, noi invece non ci riusciamo, questo è il dramma di questa città". 

Parole dure che però fanno una fotografia dello stato delle politiche sociali in città. Manca una visione complessiva che permetta una presa incarico da subito, prima che, come nel caso di Emanuele, sia troppo tardi. Ed intanto aumenta il fabbisogno perché nei quartieri più difficili della città aumenta la povertà e non si arresta la dispersione scolastica. "Quella parte di città che facciamo finta di non vedere, diventerà la maggioranza – sottolinea Pagano – questo è il trend su cui si avvia Napoli, e noi facciamo finta di non accorgerci di nulla".

Morire a 16,17 o 20 resta inaccettabile come fatto in sé, indipendentemente dalle dinamiche che hanno portato alla morte di questi giovanissimi. Non è che se sei più o meno legato agli affari criminali è giustificabile morire così giovane. Ed allora se comprendiamo che questo è il tema, capiamo anche che non è la colpevolizzazione, la divisione tra buoni e cattivi, la sola repressione, a restituirci sicurezza e soprattutto a recuperare i ragazzi, ma solo un intervento adeguato e soprattutto un investimento adeguato alla cura dei ragazzi stessi. D'altronde, non servirà a nulla chiudersi nei quartieri dorati protetti dalle forze dell'ordine e dalle telecamere, se i ragazzi a 16 anni continueranno a non avere alternative, a non andare a scuola e soprattutto ad essere poveri.

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