«Non ti pago!». Così Ferdinando Quagliuolo, titolare di BancoLotto, urlava al dipendente Mario Bertolini, vincitore fortunato e per giunta fidanzato di nascosto con la figlia. «Non ti pago, ‘o biglietto è ‘o mio! Manco uno squadrone ‘e cavalleria m' ‘o leva dint' ‘a sacca!…i numeri te li ha dati mio padre!». Una delle più riuscite commedie di Eduardo De Filippo, scritta nel 1940 è diventata "quasi realtà" oltre ottant'anni dopo, nella città che è «un teatro a cielo aperto».
Ovviamente la realtà è peggiore della commedia e stavolta non abbiamo la folle poesia ludopate della Smorfia, l'alchimia dei numeri, dei sogni e della loro interpretazione, bensì un più banale Gratta e Vinci, la dannazione di tanta, troppa gente che a Napoli e non solo spende interi stipendi suoi e degli altri e intere (e già magre) pensioni di vecchiaia avvinta dal demone dell'azzardo.
La commedia del 2021 va in scena al bancone di un piccolo negozio di Tabacchi con funzioni di Ricevitoria nel quartiere Stella (quartiere Materdei per la precisione), zona di interminabili salite, vasci, vicolietti, traffico perenne e speranze disilluse.
Mezzo milione d'euro in forma di simboli tipo slot machine si cela sotto la patina d'argento del Grattevvinci. A Napoli si dice «zitto a chi sape ‘o juoco», ovvero stia zitto chi conosce il gioco, per non svelare imbrogli o non suggerirne agli altri. La signora fortunata vincitrice evidentemente si fidava del tabaccaio – chissà quanti Gratta e Vinci comprati proprio lì, e gli ha chiesto aiuto. «Guardate pure voi, ho visto bene? Ho vinto 500mila euro?».
E allora il demone del giuoco, quello che parte da Roulettenburg con Aleksej e Polina di Dostoevskij e arriva fino a Napoli con don Ferdinando e il fortunato Bertolini, e oggi, nell'anno 2021 esce dal teatro e dalla letteratura e s'impossessa del tabaccaio – vero – che, come un automa, si mette il tagliando in tasca e parte a razzo con lo scooter lasciando tutto e tutti attoniti, come una scena di film.
«Guagliò, io aggio guadagnato dduje miliardi e me n'aggio giucate tre…» diceva Mario Merola fortissimo giocatore del Lotto (al Banco di Porta Capuana, diceva che lì solo portava fortuna) al giovane cronista che lo interpellava sulla Smorfia per un articolo: la caratteristica fondamentale del giocatore non è solo quella di saper perdere, ma l'amara consapevolezza di non poter rubare la fortuna altrui.
Il tabaccaio è in fuga, ma il biglietto è stato già bloccato dal sistema informatico e non si può riscuotere; lontani i tempi di don Ferdinando, dell'alibi del sogno di papà e dell'anatema contro Bertolini: ai giorni nostri il bottegaio non solo rischierà una denuncia per sottrazione indebita ma anche la sfiducia di tutti i suoi abituali giocatori. Chi si fiderà più di lui?