
Se vai oggi in via Cesario Console, subito dopo piazza del Plebiscito, per affacciarti e guardare il lato che va verso il porto e il Vesuvio sulla tua destra, trovi una selva di ostacoli che rendono impossibile godersi il panorama: l'area cade a pezzi, i lavori per ripristinarla non finiscono mai o forse non sono mai iniziati. Via Ottavio Morisani e salita Moiariello, fra il rione Sanità e Capodimonte, sono delle affacciate meravigliose: non ci si può arrivare se non a piedi.
Il parapetto è cadente, la strada è mezza chiusa; un disastro. Monte Echia, spuntone di tufo giallo da Pizzofalcone verso il mare, è inaccessibile, a San Martino, uno dei punti più alti della città, ci sono aree recintate da due anni. Per non parlare di Posillipo, cimitero degli alberi abbattuti e delle ringhiere fradicie.
Napoli ha tanti "belvedere", li ha per conformazione geografica: è bella di natura, non ha bisogno di farsi guardare da una ruota da Luna Park.
Peccato che questi belvedere naturali non siano tutelati sono come gli scenic viewpoint dell'Europa del Nord, o i miradouros portoghesi. Passi per caso su via Aniello Falcone e ti stupisci di quante siano i punti di vista possibili, sali fino all'Osservatorio Astronomico di Capodimonte e ti esalti per ciò che hai visto durante l'interminabile salita.
Ma lo fai dopo aver dribblato sosta selvaggia, cantieri eterni, recinzioni, ceppi di alberi tagliati, cassonetti della spazzatura o addirittura bagni chimici (come quelli in via Cesario Console, grande idea mettere i wc proprio lì, la pipì più panoramica d'Europa).
Non avrei mai scommesso sulla ruota di Napoli (quella panoramica). Da anni spero che qualcuno faccia finalmente il censimento dei panorami partenopei negati da transenne, cantieri e abusi e quanto invece sia consentito solo a pagamento. E invece l'entusiasmo anno dopo anno verte sempre più verso la visione di città-tornello con biglietto a pagamento, degna dell'imbarco di un volo low cost.
