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“Non ho parlato per paura, ora ho preso coraggio”: così è stato preso il killer di Gianluca Coppola

Nell’ordinanza emessa nei confronti di Antonio Felli, in carcere per l’agguato a Gianluca Coppola a Casoria, vengono ricostruite le indagini che hanno portato al fermo del 31enne; inizialmente i testimoni, pur avendolo riconosciuto, non avevano fatto il suo nome per paura di ritorsioni. Coppola è morto dopo un mese di agonia, oggi si sono tenuti i funerali.
A cura di Nico Falco
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"Non vi ho detto di avere riconosciuto Antonio Felli in quanto ero impaurito. Ora, però, ho preso coraggio e vi aggiungo che anche il padre di Gianluca e la fidanzata conoscono Antonio". Una svolta importante, arrivata da un testimone oculare del delitto che, nelle fasi iniziali delle indagini, aveva descritto la scena ma omettendo un particolare fondamentale: non solo aveva visto bene l'assassino e sarebbe stato in grado di identificarlo, ma lo conosceva già.

La testimonianza viene riportata nell'ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Napoli nei confronti del 31enne (difeso dall'avvocato Dario Carmine Procentese), ritenuto responsabile dell'omicidio di Gianluca Coppola, ferito gravemente a colpi di pistola l'8 aprile a Casoria (Napoli) e deceduto dopo oltre un mese di agonia in ospedale. I funerali del ragazzo si sono svolti oggi, 20 maggio.

L'omertà nella prima fase delle indagini

Volto noto a Casoria, quello di Felli. Cugino di un pregiudicato ritenuto vicino alla fazione casoriana del clan Moccia e poi a un gruppo scissionista, è stato indicato da un collaboratore di giustizia come legato a sua volta al clan e invischiato nel traffico di droga nella zona, autore anche di diverse "stese" legate a questioni di partite di droga non pagate. Subito dopo l'agguato tra le strade si era sparsa la voce che a sparare fosse stato lui.

Nessuno si faceva avanti con le forze dell'ordine, ma la voce che girava per Casoria era questa: hanno sparato a Gianluca, è stato Antonio Felli. Voce che era arrivata anche alla fidanzata di Gianluca, che con Felli aveva avuto una breve relazione sentimentale dieci anni fa; lei poi aveva troncato i rapporti, ma non suo fratello, che con il 31enne era stato arrestato per un furto in un'abitazione ed è tuttora detenuto.

Tre testimoni inchiodano Felli

Ad inchiodare Felli, tre diversi testimoni, che hanno assistito all'agguato. Oltre alle loro parole, anche le registrazioni ricavate da alcune telecamere di videosorveglianza grazie alle quali gli inquirenti hanno incrociato i dati e ricostruito il percorso del 31enne e la lite che, poco prima, aveva avuto con Gianluca Coppola davanti a un bar di Casoria. Motivi che non sono ancora del tutto chiari: tutti parlano di "vecchie ruggini".

La lite davanti al bar e poi l'esecuzione con 9 proiettili

Quell'8 aprile Gianluca Coppola, come spesso faceva, si era fermato in un bar della zona per prendere un caffè. Era rimasto all'esterno, come previsto dalle norme anti Covid, e lì aveva incontrato Antonio Felli. Circostanza riferita anche dalla titolare dell'attività, che ha riferito di avere visto i due litigare animatamente ma di non avere riconosciuto l'altro. Dopo la scazzottata Gianluca era salito sul suo scooter e Felli lo aveva seguito in una Fiat Panda da lui noleggiata; si erano rincorsi, tra manovre azzardate e contromano.

Gianluca era tornato a casa senza casco e col naso ferito; alla madre aveva detto di avere litigato con un ragazzo, si era sciacquato velocemente la faccia ed era tornato in strada, dove c'era anche il padre. Ed è lì, davanti all'abitazione, che è avvenuto l'agguato. Un uomo, successivamente identificato appunto in Antonio Felli, è arrivato in sella a una motocicletta, ha fermato il mezzo ed è sceso. Gianluca, raccontano i testimoni, gli sarebbe andato incontro, per poi tentare di fuggire quando lo avrebbe visto estrarre la pistola. E subito una scarica di proiettili: almeno nove, di cui 3 andati a segno.

Il padre della vittima avrebbe tentato di bloccare il killer, riuscendo ad afferrarlo per un braccio, ma si sarebbe trovato a sua volta la pistola puntata contro: "Fermati, fermati che ti sparo in faccia". Successivamente alle forze dell'ordine l'uomo ha riconosciuto Felli nelle foto segnaletiche, dicendo che c'era una "elevatissima somiglianza" col giovane che aveva sparato al figlio.

Gianluca era stato portato in ospedale dal padre ed è rimasto ricoverato tra la vita e la morte fino al 18 maggio, quando il suo cuore ha smesso di battere. Felli è stato sottoposto a fermo dai carabinieri il 30 aprile; gli investigatori erano arrivati a lui già da diversi giorni, ma era scomparso dalla circolazione. Inizialmente accusato di tentato omicidio (che poi diventerà omicidio in seguito alla morte del giovane), per lui era stata contemplata anche l'aggravante mafiosa, successivamente esclusa dal gip.

Esclusa l'aggravante mafiosa

Il gip ha ritenuto non sussistente l'aggravante mafiosa perché, si legge nell'ordinanza, non è sufficiente perché si configuri la provenienza del colpevole o la sua vicinanza ad ambienti di malavita organizzata e non bastano nemmeno le modalità. È necessario che venga provata la capacità intimidatoria, che in questo caso mancava: Gianluca, rileva il gip, non aveva paura di Felli, tanto che lo aveva affrontato a cazzotti davanti al bar e successivamente, quando era tornato in strada, aveva in tasca un tirapugni, presumibilmente col proposito di proseguire lo scontro se si fosse presentata l'occasione. Il gip ha quindi disposto per Felli la custodia cautelare in carcere per l'agguato e per porto e detenzione di arma da fuoco.

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