Neres rapinato in inglese. Tra i complici due dipendenti Asia, i vestiti nel camion dei rifiuti
Ad aiutare i criminali che hanno rapinato l'orologio da oltre 100mila euro al calciatore David Neres sono stati due dipendenti dell'Asia, l'azienda che si occupa della raccolta rifiuti a Napoli: il primo, padre di uno dei tre, ha recuperato il gruppetto dopo il raid e si è disfatto dei vestiti e dei caschi, consegnandoli a un suo collega che era al lavoro. Il particolare emerge dall'ordinanza che ha portato in carcere tre persone, eseguita dai carabinieri: gli indagati sono Gianluca Cuomo, detto ‘o chiatto, Giuseppe Vitale, detto ‘o Lobo, e Giuseppe Vecchio, tutti residenti nel Rione Lauro, a Fuorigrotta.
La rapina al calciatore in inglese
Nella denuncia sporta presso la Polizia di Stato l'attaccante brasiliano aveva raccontato che il criminale si era rivolto a lui in inglese. Evidentemente i criminali avevano scelto di usare quella lingua per evitare di perdere tempo. A quel tempo il calciatore era arrivato a Napoli da pochissime settimane, tanto che, scrive il gip nell'ordinanza, "questo era, in pratica, il deprecabile comitato d'accoglienza con cui gli sconosciuti davano il benvenuto al calciatore a nome dei napoletani".
Neres era stato bloccato in via Nino Bixio, dopo la partita tra Napoli e Parma al Maradona; i rapinatori avevano affiancato il suo minivan, avevano mandato in frantumi il finestrino e, puntandogli la pistola all'addome, lo avevano costretto a consegnare l'orologio. Tra i complici è stato individuato anche un altro uomo, il cui ruolo non è stato però ben definito: per gli investigatori avrebbe preso in carico la refurtiva ma il gip non ha emesso misura cautelare non essendoci riscontri. Del commando faceva parte anche un altro uomo ancora, che aveva accompagnato gli indagati al luogo dell'incontro e aveva recuperato lo scooter usato per la rapina.
I due complici dipendenti dell'Asia
Subito dopo il raid, ricostruiscono gli inquirenti, i tre vengono recuperati dal padre di uno di loro, dipendente dell'Asìa, che usa un'automobile già sottoposta ad intercettazione nell'ambito di un procedimento contro il clan Iadonisi di Fuorigrotta, che ha la sua roccaforte proprio nel Rione Lauro.
È un recupero rocambolesco: non si capiscono sul luogo dell'incontro, il padre va inizialmente a Bagnoli ma poi, su indicazione del figlio, si sposta a via Antiniana, tra l'area di Agnano e il comune di Pozzuoli. Stavolta il ragazzo usa un riferimento inequivocabile: "dove lavori tu", ovvero il deposito Asia.
I vestiti buttati nel camion dei rifiuti
Lì si disfano di tutto quello che potrebbe condurre gli investigatori verso di loro dopo aver analizzato le registrazioni di eventuali telecamere di sorveglianza: vestiti, caschi, anche le scarpe. Proprio questo particolare viene richiamato anche più avanti nell'ordinanza: quando l'automobile torna al Rione Lauro, due del gruppetto vengono ripresi da una telecamera mentre escono dall'abitacolo con ai piedi solo i calzini.
L'uomo, sempre intercettato dalla microspia ambientale, richiama l'attenzione di un collega che in quel momento è al lavoro su un autocompattatore. "Vallo a scaricare", gli dice. E il collega risponde: "Stai tranquillo". Subito dopo il figlio gli chiede che fine faranno abiti e caschi. "Lo schiacciano?". E il padre: "È normale".