Eduardo De Filippo ci ha lasciato fitti carteggi e un grande archivio: una fortuna per gli studiosi, per i biografi ma anche per i semplici appassionati che possono attingere a libri e studi anche recenti su uno dei più grandi commediografi del Novecento. Lasciate stare l'aneddotica, l'Eduardo perfido e burbero, i litigi con Peppino: roba da inciucio che non mette e non leva, se non calata in un contesto più vasto, quello della produzione artistica di un uomo che ha iniziato a calcare le scene giovanissimo, tavola-tavola, chiodo-chiodo.
Tra i carteggi più significativi c'è l'epistolario con la sorella Titina. Donna sensibilissima, acuta, interprete meravigliosa e protagonista mai troppo celebrata del teatro italiano, Titina De Filippo, parlando del Ruolo – la maiuscola non è casuale – che Eduardo ideò per lei, quello di Filumena Marturano, scrisse al fratello:
«Quando si resta accanto per venti anni a un attore della tua forza, il meno che si possa fare è imparare ad imitarlo. È come aprire una bustina di porporina d’oro: per quanto si possa fare, ne resta un pochino appiccicata alle dita…».
Titina vedeva così non il fratello ma il direttore della compagnia, l'attore, l'autore di farse, commedie, tragedie, tragicommedie. Un personaggio così potente che era capace non solo di illuminare gli altri sul palco ma di lasciargli qualcosa di unico e irripetibile per sempre.
E quanti artisti hanno beneficiato di questa porporina? Tanti, tantissimi: immaginatevi il terzo atto del “Natale in casa Cupiello” del 1977 e le tante facce che interpretano i vicini di casa di don Luca ormai morente. Sono facce che abbiamo rivisto per anni sui palchi e in tv. Quel modo di fare l'attore («una vita di sacrifici e di gelo») è stato riferimento per tantissimi attori.
Arriviamo ai giorni nostri. Il “Natale in casa Cupiello” di Edoardo De Angelis con Sergio Castellitto e Marina Confalone gode di un vantaggio assoluto: in un annus horribilis come questo ogni novità pare meraviglia calata dal cielo.
È il 22 dicembre 2020, Napoli ha avuto una giornata di sole che non fa sembrare che manchino tre giorni a Natale. Nonostante ciò, chi si azzarda a uscire per strada si sente quasi un criminale: indossiamo maschere (e non sono quelle pirandellian-eduardiane, sono maschere òveramente, quelle da ospedale) sfuggiamo a un virus invisibile che davvero ci rende protagonisti di una tragicommedia alla Eduardo. Chissà che avrebbe pensato il maestro del «divieto di caffè» di questi giorni.
Edoardo De Angelis è del 1978, è un quarantenne ed ha avuto «chesta ciorta», per dirla alla Concetta: ha diretto una trasposizione televisiva della più nota opera eduardiana per la Rai radiotelevisione italiana a quarantatré anni dall'ultima, quella indimenticabile del 1977. Lo ha fatto con un importante budget fornito dalla munifica mamma Rai, con licenza di osare (ampiamente usata, non sempre azzeccando le scelte) ampliando e modificando il testo, arricchendolo con musica e con ambienti esterni, portando il racconto negli anni Cinquanta, immaginando una fotografia e dei costumi che ricordano molto un prodotto recente e di successo: l'Amica Geniale.
Eduardo De Filippo non c'è più, non c'è più nemmeno Luca, che ha lasciato questo mondo troppo presto. Sarebbe infatti toccato a lui riportare questo testo in tivvù ma la vita va così e dalle commedie di Eduardo si impara anche questo.
In tv dunque vediamo Sergio Castellitto che non volendo imitare e non potendo rivoluzionare ha creato il suo Luca, com'era giusto. C'è Marina Confalone, chiamata come caposaldo a garanzia dell'autenticità di questa produzione che non è un ‘revival' del passato.
Ma basta? No. Manca il tono farsesco, sul filo tra dramma e commedia, tra fatto e paradosso tipico della poetica eduardiana. Castellitto è costantemente infuriato, non è l'incantato Lucariello, sembra più un Ferdinando Quagliuolo di “Non ti pago!”. Dov'è tutta la sfumatura partenopea, quella che fa di Luca Cupiello un uomo sopportabile nonostante il suo totale distacco dalla realtà? Insomma, chi ha visto già Eduardo fatica a guardare questa trasposizione televisiva. Occorrerebbe capire tra i più giovani, ovvero tra coloro che non conoscono minimamente l'opera del drammaturgo napoletano, come è stata presa.
Eduardo dunque non è tornato fra noi, stasera. Non ha lasciato calare sul pubblico la magica porporina: forse è giusto così, forse è necessario. Non preoccupiamoci: egli è lì, esattamente dove vogliamo e dove lo abbiamo lasciato. Vive nella cultura ‘bassa' che è quella della semplice battuta sul presepe o in quella alta che articola i suoi pensieri sulla crisi della famiglia, sul rapporto col potere e con la giustizia, sulle nevrosi moderne, su Napoli la “Milionaria” che attende di passare ‘a nuttata (e da quando e per quante volte abbiamo ripetuto questa frase?).
Eduardo il commediografo, l'attore dal tono una volta ammaliante, una volta ieratico, il comico, l'umorista, il poeta, lo scrittore, il professore, il senatore.
A Edoardo De Angelis e ai suoi attori protagonisti insieme a Pina Turco, Adriano Pantaleo, Tony Laudadio, Antonio Milo, lasciamo ciò che è giusto: hanno lavorato in un anno difficile, hanno riportato il “Natale” più noto del teatro italiano in tivvù al termine di un periodo terribile. È un fatto storico e probabilmente sarà anche premiato dall'audience televisiva (il dato è 5,6 milioni di spettatori, 23,9% di share).
E stasera, attrici, attori e regista, aprendo la mano, almeno loro, si troveranno sul palmo un po' di quella porporina color oro raccontata da Titina. Perché, come rispose Eduardo alla sorella: «Ognuno di noi ha la sua… ognuno di noi ha sulle dita la polvere d’oro dell’Arte». Auguriamoci che sia d'aiuto per le prove successive.