Ho fatto finta di niente come se «'o fatto nun fosse ‘o mio». Ma all'ennesimo cartellone 6×3 pagato chissà quanto da un comune in bancarotta non ce l'ho fatta più. Scusate, ma come vi permettete di usare una delle canzoni più belle del Novecento napoletano, "Napule è" parafrasandola per uno slogan sulla munnezza? Ma chi siete, ma chi vi ha autorizzato, ma come osate usare Pino Daniele, il "nostro" Pino per uno slogan del genere?
Non so se la famiglia del cantautore scomparso nel 2015 abbia o meno autorizzato, so soltanto che fa schifo questo gioco di parole che rovina una poesia in musica scritta da un Pino poco più che diciottenne, pieno di voglia di vivere e di vedere migliorare la sua città. Chi siete, chi vi ha permesso questo scempio? E soprattutto: nun ve mettite scuorno?
«Napule è mille culure» dice la canzone che subito dopo unisce i colori alle «mille paure». Volete davvero rovinare questo verso per i bidoncini della raccolta differenziata che a Napoli – lo ricordiamo – è a livelli vergognosamente bassi nonostante le promesse del sindaco uscente?
Ho letto la presentazione della campagna di pubblicità (a proposito, quanto è costata?). Giustifica così la scelta: «La campagna lancia un primo messaggio utilizzando una citazione importante del cantautore Pino Daniele e la sua musica, simbolo della città in cui tutti i napoletani si riconoscono». Quando Pino fu testimonial (2008) di una campagna governativa per la raccolta differenziata lo fece a modo suo e con lo stile di sempre.
I napoletani si riconoscono nella poesia, non nella sua volgarizzazione a uso e consumo di marketing. Volevate davvero usare Pino? Ecco: «Napule è na carta sporca»: è sempre un verso della stessa canzone, ma rivolge la colpa a chi ci governa. Questo non andava bene?
Oppure sarebbe basato consultare un'altra bellissima canzone del mascalzone latino: «Ce sta chi ce penza», la conoscete? Fu scritta ironizzando sul grande mangia-mangia intorno alla Nettezza urbana cittadina negli anni Settanta: «'A città è cchiù pulita / ma ognuno mette ‘o dito / e ce vo' mangia'». Questa non andava bene?