Napoli ‘mangiata’ da tavolini e dehors: in 10 anni scomparsi pezzi di strade e piazze

L’occupazione di suolo a Napoli è senza regole. I dati mostrati da Fanpage.it parlano di una città “mangiata” dai tavolini.
A cura di Antonio Musella
220 CONDIVISIONI
Immagine

Quando subito dopo la pandemia da Covid 19 l'amministrazione comunale di Napoli, allora guidata da Luigi De Magistris, così come altre grandi città italiane, decise di deregolamentare l'occupazione di suolo pubblico per tavolini e dehors di bar e ristoranti, l'idea era quella di dare un impulso ad un settore in crisi.  Napoli stava già vivendo un processo di turistificazione e la nascita di una ‘bolla speculativa' che sta portando anche conseguenze negative in città.

Oggi alcune strade e piazze della città sono infatti letteralmente "mangiate" dai tavolini e dagli ombrelloni. E il comparto è ancora senza regole. Un processo che sta portando alla sottrazione di pezzi di città all'usufrutto dei residenti, ma che ha anche un alto impatto nella produzione di rifiuti, nel mercato immobiliare e nella destinazione d'uso degli spazi pubblici ormai colonizzati da bar, baretti, take away, friggitorie e ristorantini.

Abbiamo provato ad analizzare il fenomeno, partendo da un dato: quanto è aumentata in metri quadrati l'occupazione di suolo di tavolini e dehors negli ultimi anni? I risultati mostrano la fotografia impietosa di una città "occupata".

Piazza Dante 6 volte più "occupata", sul Lungomare il triplo

Per provare a fare i calcoli abbiamo utilizzato un software pro di Google, che grazie alla comparazione delle fotografia satellitari, per mette con una buona dose di precisione, di calcolare le superfici in metri quadrati. In questo modo abbiamo scelto di misurare l'occupazione di suolo di tavolini e dehors di alcune delle principali zone della città interessate dal flusso turistico.

Piazza Dante nel 2014 vedeva una superficie di 314 metri quadrati occupata da tavolini e ombrelloni, mentre nel 2022 lo spazio occupato era diventato di 1.731 metri quadrati, un dato ben sei volte superiore. Piazza del Gesù è passata da 239 metri quadrati occupati dai tavolini nel 2014 ai 553 del 2022, più del doppio.

Risultato pressoché uguale nella vicina Piazza San Domenico che è passata da 227 metri quadrati nel 2013 a 506 metri quadrati nel 2023. Piazza Bellini è il simbolo della movida del centro storico, ed anche qui l'occupazione di tavolini e dehors è quasi triplicata, passando dai 371 metri quadrati del 2013 agli 857 metri quadrati del 2022.

Contando che la piazza è la più piccola tra quelle prese in esame, e che una parte della superficie è occupata dalle antiche mura greche, dai pochi alberi presenti e dalla statua di Vincenzo Bellini, si può considerare quasi la totalità della piazza occupata da tavolini e dehors. Infine il Lungomare di Napoli, isola pedonale nel tratto tra Piazza Vittoria e il Castel dell'Ovo, è passato da 1.194 metri quadrati occupati da bar e ristoranti nel 2013 a 3.824 metri quadrati nel 2022, più del triplo.

Immagine

"E' una bolla speculativa, non è sviluppo"

Nives Monda gestisce la trattoria Santa Chiara proprio in via Santa Chiara tra Piazza del Gesù e Piazza S.Domenico, uno dei luoghi di principale flusso turistico del centro di Napoli. Ha deciso di non espandersi all'esterno, ma piuttosto di posizionare una panchina fuori al suo ristorante dove tutti possono sedersi, per riposarsi o magari per leggere un libro:

La regola prevede la deroga, quindi tu puoi mettere i tavolini ovunque, anche dove prima non era possibile, dove si passeggiava. Io non posso avere una attività di 20-30 metri quadrati all'interno e poi fuori occupo altri 40 metri quadrati di tavolini. È evidente che questo tipo di attività è fragile.

Già perché proprio la pandemia da Covid 19, con i lockdown e le restrizioni, ha dimostrato come il business costruito intorno all'occupazione di suolo facile, non fortifichi gli affari dei commercianti, anzi, li rende fragili. Questo soprattutto in una città dove in tanti stanno credendo alla vulgata per la quale: "Tutto possiamo campare di turismo".

Il risultato è l'apertura di bar, friggitorie e ristoranti da parte di neo imprenditori con nessuna esperienza nel settore. "Tu ti stai basando su un bene, che ti permette gli introiti, che non è tuo, perché è suolo pubblico e può venire meno in qualsiasi momento" sottolinea Monda. In tanti infatti, al primo scossone chiudono i battenti, ma prontamente in poche settimane c'è qualche "neo imprenditore" della ristorazione che riprova l'avventura.

Finendo con lo stesso risultato dei precedenti:

Durante la pandemia la mia zona era deserta, dopo l'arrivo della delibera sui dehors è stato uno spuntare di funghi ma ho visto tantissimi colleghi che non ce l'hanno fatta purtroppo.

Il locale accanto a me ha cambiato gestione 5 volte in 3 anni, poco più in là c'è un deposito che è stato adibito a bar, ha aperto e chiuso 3 volte negli ultimi anni.

Insomma, basare il proprio fatturato sull'occupazione di suolo facile non permette ad una attività di consolidarsi, d'altronde basta una settimana di pioggia, una chiusura forzata, dei lavori pubblici che bloccano la strada, per far piombare i conti in rosso. «È una bolla speculativa – spiega Nives – c'è la sensazione che ci sia una ricchezza diffusa, ma non è così, questo non è sviluppo. L'effetto però è che il proprietario del mio locale dal mese prossimo mi aumenta di 400 euro l'affitto».

A rendere ancora più "drogato" il settore della ristorazione turistica a Napoli c'è la differenza di pressione fiscale. L'aumento enorme, come dimostrano i dati da noi raccolti sull'occupazione di suolo, delle attività di bar e ristoranti, provoca inevitabilmente un aumento esponenziale di rifiuti. Le immagini delle campane della raccolta differenziata sommerse di plastica e cartoni a Piazza Dante o Piazza del Gesù sono purtroppo scene consuete nel centro di Napoli.

«Chi occupa il suolo pubblico con tavoli e dehors non paga la tassa sui rifiuti sullo spazio realmente occupato, ma solo sui metri quadrati che ha all'interno, perché l'occupazione di suolo non viene considerata come parte della planimetria dell'esercizio – spiega Monda – quindi se io ho 20 metri quadrati e fuori ne occupo 40, pago la TARI sui 20 metri quadrati, nonostante produca rifiuti per 60 metri quadrati». Anche il pagamento della TARI quindi è falsato, non tenendo conto dell'effettiva produzione di rifiuti dei locali.

"Questa deregolamentazione va fermata"

L'avvio del processo di deregolamentazione dell'occupazione di suolo pubblico per bar e ristoranti è stato avviato dall'amministrazione De Magistris.  Ma anche la gestione di Gaetano Manfredi sta continuando nello stesso solco.

Gennaro Esposito, consigliere comunale di maggioranza, è tra le voci più critiche rispetto a questo tema, e sta dando battaglia in consiglio comunale.

Noi abbiamo ereditato la disciplina semplificata dell'occupazione di suolo pubblico dall'amministrazione De Magistris, ma non l'abbiamo revocata.

L'occupazione di suolo pubblico parte con una semplice segnalazione senza l'avvenuto controllo preventivo. Oggi si può occupare anche laddove non sarebbe possibile occupare, perché si fanno le occupazioni di suolo pubblico senza considerare le altre occupazioni di suolo pubblico.

In buona sostanza è come se ogni pratica fosse un compartimento stagno, ogni bar una cosa a se, senza considerare il contesto del resto della piazza o della via. «Succede che uno chiede l'occupazione di suolo pubblico impegnandosi a mantenere i 2 metri per il passaggio pedonale, ma omette di dire che anche l'esercizio accanto ha chiesto l'occupazione di suolo pubblico, e che anche l'esercizio di fronte ha chiesto l'occupazione di suolo pubblico. E così piombiamo nel caos» sottolinea Esposito. In questo modo le piazze diventano una selva di tavolini e ombrelloni, e spesso non è nemmeno possibile passare a piedi.

Un esempio si trova in pieno centro, alle spalle del teatro Mercadante che da su piazza Municipio. In via Supportico fondo di separazione, c'è un'area pedonale. Qui i bar hanno completamente occupato l'intera superficie dell'isola pedonale, chi passa a piedi può transitare, uno alla volta, solo in un piccolissimo corridoio delimitato da paletti. Un passaggio piccolissimo che scorre tra l'altro davanti all'ingresso di una abitazione.  «Diciamo che il consiglio comunale e l'assessore al commercio devono ancora metabolizzare bene questa problematica» commenta Esposito.

E i controlli? «Che i servizi non hanno dei riscontri sul territorio questo purtroppo l'ho segnalato – ci dice Esposito – questa è diventata una questione democratica, lo spazio pubblico è innanzitutto destinato ai cittadini, lo sfruttamento commerciale ci può essere ma deve essere proporzionato rispetto alla dimensione dell'area e non può essere la totalità dell'area».

Via supportico fondo di separazione, alle spalle del Teatro Mercadante
Via supportico fondo di separazione, alle spalle del Teatro Mercadante

"Così si stravolge la città, il turismo va controllato"

Anna Fava è una ricercatrice che da tempo studia il processo di turistificazione della città e i suoi risvolti negativi sulla vita dei residenti. Quello che sta avvenendo con il proliferare dell'occupazione di suolo "selvaggia" sta cambiando i volti dei quartieri:

Cambia la destinazione d'uso della città, i quartieri non sono più residenziali e le piazze non sono più piazze pubbliche dove ci si siede sulle panchine, ma diventano dei luoghi di consumo, abbiamo delle piazze dove non c'è più neanche una panchina, come Piazza San Domenico, ti puoi sedere solo ai tavoli e consumare, e quindi pagare. Per stare in piazza seduta devi pagare è questa la sostanza.

Per non parlare delle difficoltà di transito, ai Quartieri Spagnoli le ambulanze hanno enormi difficoltà a passare a causa dei dehors spuntati come funghi nei vicoli. Qui non si tratta di libero mercato ma si tratta di una città divorata dai tavolini.

Il fenomeno ormai sembra fuori controllo, ed a poco vale constatare l'inefficacia dei controlli. Anche questi si svolgono dopo le concessioni, e non prima. Molto spesso i verbali arrivano, ma vengono considerati dai gestori degli esercizi commerciali come una sorta di costo di gestione. «Si deve fermare la deregolamentazione, e inoltre si potrebbe intervenire con la limitazione degli esercizi di ristorazione all'interno dei quartieri» sottolinea Fava.

La bolla speculativa viene alimentata dalla convinzione che tutti possono fare i soldi con il turismo. «Se nei bar e nei ristoranti che proliferano nel centro, gli stipendi per i camerieri sono di 2,50 – 3 euro ad ora, fondamentalmente il discorso del turismo che da ricchezza a tutti è un discorso falso». Già perché la presunta redistribuzione di ricchezza dovuta ai flussi turistici è tutt'altro che dimostrata. Anzi. «È l'idea che tutto questo funzioni e va da se che va scardinata – conclude Fava – perché l'industria turistica non va da se, va regolamentata, se la lasciamo andare da se, saranno solamente in pochi a beneficiarne».

220 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views