Per anni ha presenziato, con la pioggia e con il sole, alle celebrazioni per la Festa di Liberazione dal nazi-fascismo. Per anni ha raccontato di lui ragazzino, Tonino ‘o biondo, al secolo Antonio Amoretti, farsi largo rischiando la vita tra i nazisti e i fascisti che occupavano la sua città.
Antonio non c'è più: se n'è andato qualche giorno prima del Natale 2022 e Napoli non ha più partigiani in vita che possano raccontare i combattimenti delle Quattro giornate, le gesta di quelle donne, di quegli uomini e di quei ragazzini che tra il 27 e il 30 settembre 1943 insorsero contro l’occupazione tedesca. «Fecero più morti i cecchini fascisti che i tedeschi», raccontò Amoretti, ribandendo la viltà di chi coprì la fuga dei nazisti dopo averli appoggiati.
A Fanpage.it che lo intervistò qualche anno fa, l'ultimo partigiano delle Quattro Giornate chiese di potersi rivolgere direttamente ai ragazzi, spiegando perché aveva deciso di diventare partigiano:
Quando sono uscito di casa sono andato casa per casa dei miei compagni di quartiere, perché avevo un ruolo di dirigente dei ragazzi. Non perché ero il più bello o il più intelligente, ma perché ero l'unico studente.
Dovete studiare, perché è l'unica difesa che abbiamo per sconfiggere questa deriva filonazista, filofascista.
Più imparerete, più potrete difendere i vostri progetti per l'avvenire. Sono la prova vivente, perché io non ero nessuno non ero figlio di qualche boss o figlio di un ricco, no io avevo un solo privilegio rispetto alla massa di giovani del mio quartiere: che ero l'unico studente e comandavo.
Questa è la risposta che do ai giovani, studiate acculturatevi. Più saprete, meglio vi potrete difendere contro questa deriva neonazifascista.
L'unica arma è la cultura, acculturatevi.