Al concorso per spazzini a Napoli ci sono anche centinaia di laureati. Fare l'operatore ecologico a Napoli significa intraprendere una missione di lotta per la civiltà e il decoro della città che ami, è un mestiere che ha un onore e pure una certa poeticità, volendo ricordare lo spazzino Saverio magistralmente tratteggiato in "Così parlò Bellavista" dal grande Luciano De Crescenzo.
Ma come dobbiamo prendere il fatto che una ragazza o un ragazzo napoletano, dopo tre anni di scuole medie inferiori, cinque di scuole medie superiori e tra i 3 e i 5 anni di università decida di concorrere per un impiego non certo iperspecializzato i cui requisiti minimi sono la licenza media e una patente di guida?
È segno della fame di lavoro che alberga ormai cronicamente sotto il Vesuvio? Sono ragazze o ragazzi che si sono scocciati e non hanno voglia di lavorare? Vogliono il «posto fisso» magnificato da Checco Zalone in uno dei suoi film di successo?
Cosa significa? Come dobbiamo leggere quest'enorme affluenza – oltre 20mila domande ad oggi, ma aumenteranno – per un concorso comunale da 500 operatori ecologici? C'è da riflettere, lo faranno sociologi e commentatori a vario titolo. Ma la politica napoletana la prevede una riflessione sull'argomento? Oppure è troppo impegnata a prometter posti di lavoro?