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Napoli ha debiti per 3,5 miliardi. Ecco cosa succede ad una città ‘fallita’

Un viaggio nella città dalle casse disastrate. Il debito del Comune di Napoli si aggira intorno ai 3,5 miliardi di euro, oltre 1,9 miliardi sono le tasse non riscosse, a Napoli solo il 27% dei cittadini paga le imposte. L’economista Marani: “La città è insolvente, se azzerassimo il debito non è detto che i conti tornerebbero in ordine”. L’impatto devastante: 1 solo giardiniere per tutti i parchi e le aree verdi del centro; lo spazzamento delle strade una volta ogni 30 giorni; appena 70 mila euro per rifare le strade del salotto buono. Il disastro del welfare: per i minori cancellati i servizi, per anziani e fragili ci sono solo i servizi ospedalieri delle Asl. “In 10 anni si è passati da 39 milioni di euro all’anno per le politiche sociali ad appena 17 milioni”. Le politiche per gli ultimi in città sopravvivano grazie ai soldi delle fondazioni private.
A cura di Antonio Musella
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Non ci voleva di certo l'accorato appello di Gaetano Manfredi, da pochi giorni candidato Sindaco di Pd e M5S al Comune di Napoli, per conoscere lo stato disastroso delle casse dell'amministrazione comunale. Luigi De Magistris lo denuncia da molti anni, sebbene la sua azione amministrativa non abbia portato, nei fatti, alcun tipo di miglioramento alla salute finanziaria del Comune. Anzi, di esagerazioni ne sono state dette fin troppe nel corso di questi anni, dalle "casse risanate" alla città regina dei trasporti "seconda solo a Tokyo", la gestione degli arancioni della crisi finanziaria ha contribuito e permettere al governo centrale (tutti quelli che si sono succeduti) di guardare dall'altra parte. Intanto oggi lo stato di crisi profondissima dell'Ente si scarica totalmente sui servizi ai cittadini. La manutenzione delle strade, delle aree verdi, l'igiene urbano e la raccolta dei rifiuti, ma anche i servizi ai più deboli, quelli che dovrebbero essere fondamentali, come le politiche per i minori, per gli anziani, gli ultimi. Abbiamo provato a capire l'impatto di questa crisi economica sulla città, oltre il velo di propaganda politiche, inevitabile ancor di più in campagna elettorale. Quanto pesa la crisi sulla città? 

I conti: "Debito oltre i 3,5 miliardi, la città di fatto è insolvente"

Ugo Marani, economista, docente all'Università Orientale di Napoli, è probabilmente tra i migliori conoscitori dei conti del Comune di Napoli. Li analizza da diversi anni monitorando l'andamento del debito. "Ad oggi senza voler essere drammatici o falsamente ottimistici il debito del Comune di Napoli va dai 3 miliardi e 500 milioni ai 3 miliardi e 650 milioni" spiega l'economista. Un deficit di oltre i 3,5 miliardi che è frutto di almeno tre componenti: "La prima è un cattiva amministrazione precedente dai tempi della Iervolino, valutabile tra gli 890 e i 900 milioni, la seconda sono i mancati pagamenti e finanziamenti da parte del pubblico, quindi i tagli agli enti locali dei governi che si sono succeduti, circa 1,5 miliardi è attribuibile all'insipienza dell'attuale amministrazione" sottolinea Marani. Infatti secondo i dati del prof. Franco Mostacci dell'ISTAT, che ogni anno analizza i bilanci delle principali città italiane, la capacità di riscossione dei tributi del Comune di Napoli è del 27%, ultima tra i grandi comuni italiani. A Napoli le tasse e le multe praticamente non le paga nessuno. Un'analisi confermata dai dati della commissione sull'audit sul debito istituita proprio dal Comune di Napoli: "Il documento dell'audit dice che a Napoli TARI, TARSU e TARES non sono riscosse per 910 milioni, ICI e IMU per 236 milioni, le multe per 802 milioni. Sa quanto fa tutto questo? 1 miliardo e 900 milioni di euro" spiega Marani. Pur avendo le tasse più alte d'Italia, il Comune di Napoli non riesce a riscuoterle, l'aumento dunque serve sostanzialmente a poco, è come se appena il 30% dei napoletani che pagano le tasse, dovesse ripagare l'intero deficit del Comune. Una situazione che nulla ha a che fare con l'equità.  A questa situazione si aggiunge, in piccola parte a dire il vero, un ulteriore debito lasciato dall'amministrazione di Rosa Russo Iervolino, che il Comune ha iniziato a pagare a febbraio 2021. Sono gli interessi degli interest rate swap fatti dall'assessore al bilancio Enrico Cardillo nel 2010. Cosa sono gli interest rate swap? "Si basano su questo principio – spiega Marani – io e te scommettiamo su quali saranno i futuri tassi di interesse, nel frattempo io ti do dei soldi, e quanti più soldi ti darò più è probabile che tu che ricevi i soldi perda la scommessa. I derivati finanziari consentirono al Comune di intascare 135 milioni di euro per pagarne 255 milioni dal 2021 al 2035". Una situazione che proietta la drammaticità economica ben oltre i prossimi 5 anni di governo della città: "Allo stato attuale l'amministrazione di Napoli è insolvente non è liquida – sottolinea l'economista – cioè se noi oggi mettessimo da parte i debiti, non siamo sicuri che i conti tornerebbero a posto".

La città che cade a pezzi: "Solo 70 mila euro per rifare le strade del centro"

Ma come si scarica sulla cittadinanza questa situazione? Francesco Chirico è il presidente della Municipalità 2, quella del centro storico che dovrebbe essere la vetrina della città. Ospita porto, stazione, ospedali, università, via Toledo, i Quartieri Spagnoli, i decumani, il salotto della città. Il bilancio del 2010 della Municipalità era di 10 milioni di euro, il miglior bilancio degli ultimi 10 anni è stato di 4 milioni di cui 2 milioni, la metà, per la refezione scolastica. "La verità è che non siamo più in grado di dare risposte ai cittadini – spiega Chirico – per la manutenzione delle strade e dell'arredo urbano in 10 anni ho ricevuto 1,8 milioni di euro, li ho avuti sostanzialmente in due tranche, una di 1 milione circa 5 anni fa, e 300 mila euro l'anno successivo. Nell'ultimo bilancio per fare tutte le strade della Municipalità ho avuto 77 mila euro. Ora lei capisce che con 77 mila euro ci ristrutturi un appartamento, non certo tutte le strade della Municipalità". Non va meglio per le aree verdi e per i parchi: "Nel 2011 quando ho iniziato avevo 34 giardinieri, con il passare dei mesi andavano in pensione mano mano, oggi io ho 1 solo giardiniere. Come faccio io a gestire 3 parchi pubblici e tutte le aree verdi del centro di Napoli con 1 solo giardiniere? Semplicemente non posso" ammette il presidente. Già perché le casse disastrate hanno determinato anche il blocco delle assunzioni. Il personale, già con un'età media molto alta 10 anni fa, va progressivamente in pensione ed il Comune non può assumere nuovo personale. Il risultato è che non c'è più nessuno. Basti pensare che la gestione delle fogne è stata affidata all'ABC, l'azienda speciale del Comune per le risorse idriche, perché non c'era più un solo fognatore in pianta organica. Così come il Comune è in cattive acque stessa cosa vale per le aziende controllate come l'ASIA che si occupa di rifiuti: "Noi avevamo gli spazzini – spiega Chirico – ad un certo punto l'ASIA si è trovata nelle condizioni di non poter più pagare i lavori che si facevano con lo straordinario perché non aveva soldi. Ad esempio non poteva essere più garantito il servizio di prelievo di mobili e suppellettili abbandonati in strada, perché era un servizio che si faceva con lo straordinario. L'ASIA così ha pensato di prendere gli spazzini, che sono pagati con stipendio ordinario, e li ha messi a raccogliere mobili e suppellettili. Il risultato è che non abbiamo più gli spazzini. Io ho la media per alcune strade della Municipalità di uno spazzamento ogni 30 giorni".

Il dramma del welfare: "Risorse ai minimi e servizi cancellati".

Sulle politiche sociali, quelle verso i minori, gli anziani, i disabili, i senza fissa dimora, i migranti, i più poveri della città, il peso del disastro economico del Comune di Napoli ha avuto un impatto devastante. "Nel 2010 il Comune di Napoli spendeva per le politiche sociali circa 39 milioni di euro – spiega Giacomo Smarrazzo direttore generale del Consorzio GESCO – nel 2019 per il welfare sono stati stanziati 23 milioni di euro, nel 2020 si è arrivati ad appena 17 milioni, meno della metà di 10 anni fa". I primi ad essere colpiti sono stati quei servizi che prevedevano un finanziamento congiunto delle ASL per la parte sanitaria e del Comune per le politiche di inclusione. Parliamo di anziani, malati psichiatrici e soggetti affetti da dipendenze: "Il Comune ha tagliato i finanziamenti quindi questi servizi ora sono gestiti interamente dalle ASL che trattano le persone con l'ospedalizzazione, perché quella è la loro competenza. Questo genera ulteriori problemi sociali e ulteriore marginalità". Non va meglio con i minori come spiega Deborah Divertito della cooperativa "Se po' fa" di Napoli Est: "Si sono tagliati molti servizi e altri sono stati accorpati e di fatto depotenziati" spiega. "Noi prima avevamo un esercito di educatori e tutor che andavano casa per casa a prendere i minori a rischio, coinvolgevamo le famiglie, materialmente andavamo noi da loro, li seguivamo con molteplici servizi per un lungo periodo. Oggi non si può fare più perché il servizio di fatto non esiste più. Oggi quello che si può fare è che sono i minori a rischio che devono venire da noi, e di conseguenza seguiamo un numero infinitamente inferiore di ragazzi". Ma se il pubblico non riesce a mettere le risorse, come vanno avanti le politiche sociali? Un quadro ce lo offre Andrea Morniroli della cooperativa Dedalus: "Noi gestiamo Officine Gomitoli, un centro interculturale a Porta Capuana, dove ragazzi italiani e migranti si incontrano con attività culturali, didattiche, artistiche. Accogliamo circa 400 ragazzi all'anno e di tutto il complesso dei progetti il Comune di Napoli finanzia appena il 20%, il resto viene da fondazioni private ma anche da altri fondi nazionali". Perché se non hai risorse, il principale sforzo da fare è trovarne di nuove. Sono decine di fondi nazionali messi a disposizione dei Ministeri per il finanziamento dei progetti sociali, ma su questo il Comune in 10 anni ha fatto ben poco. "Davanti a tagli che si succedono negli ultimi 30 anni è sicuramente più difficile impostare le politiche sociali – spiega Morniroli – ma con un governo della città forte magari trovi altri finanziamenti, altri attori, altre risorse. Questo è quello che è mancato in questi 10 anni".  A Napoli chi investe di più nelle politiche sociali sono i soggetti privati, un paradosso per una città che da sola, ad esempio, risucchia l'intera cifra stanziata per tutto il Nord Italia del fondo per il reddito di cittadinanza, ad oggi principale misura di contrasto alla povertà. Gina Bonsangue gestisce "Casa Cristallini" nel Rione Sanità: "Noi ci occupiamo di ragazzi, facciamo di tutto, dalle attività curricolari allo sport, vela, rugby, equitazione, tutto con i ragazzi del Rione Sanità". La loro sede è un crocevia di giovanissimi che se non partecipassero alle loro attività sarebbero probabilmente per strada. "Noi in questi anni come associazione dal Comune abbiamo avuto pochissimo, siamo sostanzialmente finanziati da fondazioni private e da soggetti privati, senza di loro non potremmo esistere".

Che città è quella in cui le politiche per gli ultimi sono finanziate, e quindi di fatto indirizzate, principalmente da soggetti privati? Che città è quella in cui i minori a rischio, che possono finire nelle grinfie della camorra, devono andare loro nei centri educativi come scelta soggettiva piuttosto che essere avvicinati dagli educatori? Che città è quella in cui gli anziani e i soggetti fragili vengono trattati solo come "malati" con gli strumenti sanitari?

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