“Napoletani, se lavorassero come piangono”: l’Ordine dei Giornalisti non sanziona Filippo Facci
«Napoletani, se lavorassero come piangono»: dopo una partita di calcio fra il Napoli e il Milan avvolta (come spesso accade) da veleni e polemiche, Filippo Facci, giornalista e polemista al centro di numerose diatribe, aveva pronunciato questa battuta, scatenando ovviamente le ire dei partenopei. Lo stantìo pregiudizio sui napoletani che oziano e si lamentano non era piaciuto a molti all'ombra del Vesuvio: canea assicurata.
Stavolta però oltre le polemiche a mezzo social qualcuno aveva deciso di rivolgersi all'Ordine dei Giornalisti, interrogandolo su un tema: può un professionista dell'informazione uscirsene con affermazioni simili o vìola il Testo unico dei diritti e dei doveri dei giornalisti italiani? La risposta è arrivata pochi giorni fa via posta certificata: no, non lo vìola. In quel determinato contesto non è violazione deontologica, secondo il Consiglio di disciplina territoriale, organo autonomo dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia.
Gennaro De Crescenzo, professore napoletano, giornalista pubblicista, saggista ma soprattutto uno degli animatori del Movimento Neoborbonico napoletano, aveva tentato la strada della procedura disciplinare:
Da giornalista inviai una nota all'ordine dei giornalisti lombardi per capire se era legittima o meno una generalizzazione di quel tipo con l'uso di un abusato, becero e offensivo luogo comune. […] È stato "assolto" perché, come leggiamo nella risposta dell'Ordine, la sua frase è "sopra le righe ma rispondente alle abituali narrazioni del collega".
Cosa dice esattamente il Consiglio di Disciplina Territoriale dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia?
La vicenda oggetto di segnalazione appare, al Consiglio, nonostante l'uso di modalità che potremmo definire "sopra le righe", ma comunque rispondenti all'abituale narrazione del collega, sostanzialmente aderente ai principi del diritto di libera manifestazione del pensiero sancito dall'articolo 21 della Costituzione italiana.
Peraltro, lo stesso collega, rispondendo a uno dei tanti commenti alla frase oggetto di segnalazione, scrive che "ogni tanto andrebbe difeso anche il diritto di poter sparare cazzate di quart'ordine a cuor leggero, senza angosciarsi ogni volta per la morte del ‘contesto' a fronte dell'universo dei suscettibili per conto terzi. E comunque grazie di non avermi dato del razzista".
Dunque, «non luogo a procedere, non ravvisando elementi di rilevanza disciplinare». E De Crescenzo chiosa: «Dire che i napoletani non vogliono lavorare forse significa alimentare quel luogo comune discriminatorio che in fondo è alla base di tante questioni meridionali e con una tesi che ha fatto già troppi danni: in pratica da 160 anni ti privo dei diritti perché in fondo te lo meriti».