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Morta di Covid al Monaldi, il figlio: “Mia madre abbandonata, sono stato aggredito e ho reagito”

Il figlio di Giuseppina Cortese, la donna deceduta per Covid lo scorso 12 aprile al Monaldi, ha presentato una denuncia alla Polizia di Stato accusando i sanitari di mancata assistenza. L’uomo ritiene che la donna non sia stata adeguatamente assistita. Ammette l’aggressione a un oss, ma sostiene di avere reagito agli spintoni quando era andato in reparto per vedere il corpo della madre.
A cura di Nico Falco
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Giuseppina Cortese
Giuseppina Cortese
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Emergono nuovi dettagli sulla morte di Giuseppina Cortese, la donna di 74 anni deceduta il 12 aprile scorso nell'ospedale Monaldi di Napoli, dove era ricoverata da una settimana per problemi respiratori e polmonite bilaterale dovuta a Covid. Il figlio, Raffaele Colaiacolo, conosciuto nell'ambiente neomelodico col nome d'arte di Raffaele Jacolo, ha sporto denuncia nei confronti dell'ospedale; dopo aver saputo della morte si era recato al Monaldi e aveva litigato col medico, a suo parere responsabile di aver fornito assistenza inadeguata alla donna, e aveva colpito un operatore socio sanitario con uno schiaffo.

Sull'accaduto è stata aperta una indagine, spetterà alla magistratura ricostruire quello che è successo in quella sera ma, soprattutto, se effettivamente ci sono state delle responsabilità attribuibili all'ospedale. Nella dettagliata denuncia, presentata il 12 aprile alla Polizia di Stato, Colaiacolo ripercorre le fasi del ricovero, dal 5 aprile, quando la donna era stata accompagnata con un'ambulanza privata al Pronto Soccorso del Cotugno e subito trasferita per il ricovero al Monaldi. In quei giorni, spiega l'uomo, la 74enne si era più volte lamentata dicendo di sentirsi abbandonata, di non ricevere le cure necessarie, ed erano state molte le telefonate del figlio al reparto per sollecitare l'assistenza. L'8 aprile, dopo un leggero miglioramento, alla donna era stata tolta la NIV (la maschera per la ventilazione meccanica) e le era stato applicato un respiratore nasale.

Un episodio menzionato risale alla sera del 10 aprile, quando la donna aveva chiesto aiuto a un sanitario per nutrirsi. Di fronte al diniego, motivato a dire della donna dal fatto che per i medici era autosufficiente, si era alzata e aveva fatto sganciare inavvertitamente il respiratore. Non riuscendo a raggiungere il campanello aveva telefonato al figlio che, dopo diverse chiamate in reparto, non convinto dalle rassicurazioni del personale sanitario, era andato in ospedale e, passando da un balcone, aveva visto che nessuno era ancora intervenuto nella stanza della madre.

L'11 mattina la donna era peggiorata e le era stata applicata di nuovo la NIV. Nel pomeriggio Giuseppina aveva telefonato al figlio, dicendo che aveva problemi a respirare e che non riusciva a contattare il personale sanitario. L'uomo aveva provato a chiamare in reparto ma, non ottenendo risposta, aveva chiesto l'intervento delle forze dell'ordine ed era arrivata una pattuglia della polizia. Alle 19:30, l'ultima telefonata: la donna diceva di avere un dolore al petto, poi la chiamata si era interrotta.

Colaiacolo aveva quindi chiamato il reparto e, saputo che la madre era in arresto cardiaco, era velocemente andato in ospedale ma gli era stato impedito di accedere; due poliziotti erano andati a parlare coi medici e lo avevano rassicurato: la madre si era ripresa. Qualche ora dopo, alle 21, aveva di nuovo telefonato e aveva ricevuto la tragica notizia: la madre era morta. Era così tornato al Monaldi per vedere la madre e, ottenuto un rifiuto, aveva cominciato ad inveire contro un medico, ritenendolo responsabile.

A quel punto la situazione era degenerata, arrivando all'aggressione: un operatore socio sanitario, sostiene Colaiacolo, si sarebbe frapposto e lo avrebbe spinto, temendo che volesse aggredire fisicamente il medico, e lui avrebbe reagito agli insulti e alle minacce con uno schiaffo.

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