Qual è la migliore pizza di Napoli?
Di solito durante la festa della pizza (anzi, del pizzaiuolo) il 17 gennaio, la domanda principale che ci si pone è quella che arrovella ogni napoletano. Una domanda atavica, diventata perfino uno strepitoso sketch comico di Alessandro Siani: «Dove si mangia la pizza migliore di Napoli?». «Fatte ‘na pizza c’a pummarola ‘ncoppa / vedrai che il mondo poi ti sorriderà», cantava Pino Daniele ed è vero: il disco di pasta più famoso al mondo è capace di aggiustarti una giornata. Ma se ha così tanto potere, può anche inguaiartela, una giornata. Se mangiare una pizza a Napoli è una delle 10 cose da fare approdando all'ombra del Vesuvio è anche vero che bisogna scegliersela bene. La pizza ha mille varianti ed è come gli uomini: non tutti sono fatti della stessa pasta. Lievito madre, farina integrale o farina 00, mozzarella di bufala, fior di latte, ricotta, pomodoro filetto o passata di pomodoro e mille altri ingredienti, dal prosciutto al salame fino al mais e all'ananas: qual è dunque la pizzeria che offre la migliore pizza di Napoli?
La varietà è notevole: stando ai dati approssimati per difetto – perché ci sono tantissime strutture che pizzerie non sono ma sono ristoranti o punti ristoro che hanno un forno e la producono, a Napoli e provincia ci sono poco meno di 3.500 pizzerie. Ad Avellino circa 780, Benevento poco meno di 600, a Caserta e provincia circa mille e a Salerno e provincia ci sono oltre 2.500 pizzerie. Scegliere non è facile. A Napoli i grandi nomi li conoscono tutti, sono per lo più nella zona dei Decumani, via Tribunali, ma non solo: Sorbillo, Di Matteo, La pizzeria del Presidente e poi la Figlia del Presidente. Ci sono le pizzerie Vesi, c'è Donna Sofia, la Locanda del Grifo, Totò e Peppino l'Oro di Napoli.
Ma decidere qual è la miglior pizza di Napoli richiede una vita di prove e controprove: chi è mai stato da Carmine in via Cilea o chi è mai stato da Giuliano a Calata Trinità Maggiore? Chi si è fatto mai portare una pizza d'asporto da D'Auria in via Simone Martini o si è seduto da Gorizia e chi invece ha assaggiato Marino a Santa Lucia, dove un tempo s'attovagliavano Eduardo e Peppino De Filippo? Ci sono poi La Notizia in via Michelangelo da Caravaggio, la grande innovazione di Vincenzo Capuano a piazza Vittoria, c'è Ciro Salvo con la sua 50 Kalò, il giovane Ciro Oliva di Concettina ai Tre Santi al Rione Sanità. E ancora: Pizzeria Da Attilio alla Pignasecca, Starita di Materdei, Michele a Forcella o Pellone in piazza Nazionale, Da Franco al Corso Arnaldo Lucci o infine da Carmnella? Carminiello, i Maestri Pizzaioli, o Gennaro, se si va a Secondigliano?
Da Diego Vitagliano a Bagnoli? Chiedere una pizzeria significa entrare in un atelier e chiedere il miglior vestito in assoluto. C'è chi è specializzato nella pizza fritta come la Masardona o come Zia Esterina Sorbillo o le Figliole a Forcella e Isabella De Cham alla Sanità. C'è chi è adatto ai ripieni e chi invece alla marinara semplice semplice. Chi fa una superba margherita dop e chi invece propone rivisitazioni gourmet (e se le fa pagare anche care e amare). Anche il prezzo conta: una pizza che costa 12, 13 euro dev'essere davvero qualcosa di speciale altrimenti è pura speculazione: qui non siamo a Milano dove se una cosa non costa tanto non è buona o a Roma dove non sanno cucinare che la carbonara. Le classifiche per giudicare la migliore pizza? Sono una mezza fregatura, fidatevi relativamente: il miglior giudice è il palato.
Si citano cento pizzerie, se ne tralasciano duecento. In provincia di Napoli ci sono autentici capolavori dell'arte della pizza. Le Parùle ad Ercolano; Voglia di Pizza a San Giuseppe Vesuviano, Totò e i Sapori ad Acerra, il mitico Gigino pizza a Metro di Vico Equense, Francesco e Salvatore Salvo a San Giorgio a Cremano. Verranno a dirvi che non sapete nulla se non avete provato Francesco Martucci e i suoi Masanielli (che ora sono pure a Napoli) o il mitico Franco Pepe (Peppe in Grani) in provincia di Caserta o Pizzeria da Lioniello a Succivo; se a Salerno non vi siete fermati da Mansi o alla Smorfia o Carminuccio a Mariconda, Perrotta a Eboli. Ce ne sono ovunque e tante meriterebbero un viaggio ad hoc, come per certi ristoranti con una stella Michelin.
Le polemiche sul menù
Incredibile a dirsi, esistono degli eretici che non gradiscono la pizza di Gino Sorbillo o quella cui non piace la povertà del menù di Michele a Forcella. C'è gente cui non piace la pizza col cornicione imbottito (specialità di Antica Pizzeria dell'Angelo in piazzetta Nilo a Napoli) e gente che non gradisce certi menù gourmet. Una cosa è certa: la pizza deve essere un pasto digeribile. Se non digerite la pizza significa una sola cosa: che l’impasto non era ben lievitato. Croce nera. Se la pizza è gommosa l'impasto è di bassa qualità, se è bagnaticcia non è ben cotta, se ha grandi corridoi e non buchi tondi nel cornicione significa che non è lievitata bene.
Se è bruciata sotto significa che il forno non è pulito o che è stata stracotta. Se l'olio puzza è rancido, se la mozzarella non è fresca lo si capisce al primo morso, così come lo si capisce della polpa di pomodoro. Un consiglio: se potete guardate come lavora il pizzaiuolo. Una pizzeria napoletana che si rispetti ha il bancone a vista. Sappiate che una pizza margherita presa circa un quarto di chilo, ovvero 250 grammi e che in corpo vale circa 800 kcal. Dunque se qualcuno vi propone pizze con condimenti eccessivi evitate: poi si piazza sullo stomaco anche se è fatta con i migliori ingredienti al mondo.