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“Mettiamogli un casatiello, va sotto inchiesta pure lui”: i progetti dell’attentato al sindaco Alfieri

Dalle intercettazioni agli atti nell’ordinanza sul presunto voto di scambio a Capaccio-Paestum emerge il proposito di un attentato dinamitardo contro Francesco Alfieri.
A cura di Nico Falco
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Una bomba contro il sindaco Franco Alfieri, che avrebbe avuto un duplice scopo: da un lato lo avrebbe intimidito, costringendolo a chiedere la protezione di Roberto Squecco, dall'altro gli avrebbe portato anche conseguenze giudiziarie, perché gli inquirenti si sarebbero, inevitabilmente, chiesti il motivo di quell'esplosione. Un proposito (non portato a termine) che emerge dalle conversazioni tra Domenico De Cesare, Antonio Cosentino e lo stesso Squecco e agli atti nell'ordinanza che ha portato in manette i tre e anche Alfieri per un presunto patto elettorale col quale, in cambio di un appoggio per le elezioni del 2019, il sindaco di Capaccio Paestum si sarebbe impegnato a non far abbattere il lido Kennedy, struttura e concessione riconducibili a Squecco. Dalle indagini è emerso che delle minacce per Alfieri erano state rivolte anche riferendole ad un'assessora perché le riportasse al sindaco, ed era stato paventato che Squecco dispone "delle armi e delle munizioni a sufficienza per distruggere la Russia".

"Alfieri l'ho fatto eleggere io"

Roberto Squecco è stato già condannato in via definitiva per associazione per delinquere di tipo mafioso in quanto ritenuto esponente dell'ala imprenditoriale del clan Marandino; nel 2021 era stato arrestato nell'ambito di una indagine sulle infiltrazioni criminali nei settori del trasporto infermi e delle onoranze funebri ed era stato chiesto il sequestro di un caseificio a lui riconducibile in Transilvania: una realtà nota in tutta la Romania che veniva definita dai media locali come "una dura lezione" che gli italiani avevano dato ai romeni, sfruttando i bufali, "il tesoro inutilizzato della gente di Sălaj".

Nell'ordinanza eseguita oggi, intercettato, Squecco sostiene di essere l'artefice della vittoria elettorale di Francesco Alfieri nel 2019: "Io a questo signore io l'ho fatto eleggere, io l'ho portato qua, aveva fallito ad Agropoli, io l'ho preso da là e l'ho portato qua". Nello stesso dialogo l'imprenditore parla anche di una proposta che il sindaco gli avrebbe fatto: la costituzione di una lista che vedesse, tra i candidati, l'ex moglie di Squecco, Stefania Nobili (anche lei tra i destinatari dell'ordinanza eseguita oggi nei confronti di 10 indagati).

La proposta, secondo Squecco, sarebbe stata fatta per avere una sorta di garanzia sul fatto che lui non spostasse il suo appoggio elettorale verso un altro candidato. In quelle elezioni la Nobili era stata candidata nella lista civica "Democrazia Capaccese con Franco Alfieri Sindaco".

"Gli mettiamo un casatiello"

In un dialogo tra i tre, intercettato il 9 novembre 2023, uno degli indagati propone di "mettere un casatiello"; per gli inquirenti è un probabile riferimento a un ordigno da indirizzare ad Alfieri. Un atto eclatante, con conseguenze inevitabili: "Dopo va sotto inchiesta pure lui. Ha finito di mangiare". Pochi minuti dopo, parlando delle intimidazioni da mettere a segno contro Alfieri ed altre persone, è lo stesso Squecco che si raccomanda: durante il raid, la prima cosa da fare è farsi dare il borsello, perché è lì dentro che possono avere la pistola e il telefono.

Si parla anche dell'eventualità di dare "una coltellata", ma i tre convengono sul fatto che, se di deve fare qualcosa, deve essere eclatante. Perché "la paliata", ovvero il pestaggio, dopo un paio di giorni sarebbe stata dimenticata. E aggiunge: "Se uno vuole fare la figura, la deve fare". Nel prosieguo della conversazione Squecco fa riferimento direttamente ad Alfieri, sostenendo che ha detto di non voler avere a che fare con lui: dovrà essere il primo cittadino a cercarlo dopo l'attentato, di persona e non tramite altri.

A questo punto uno degli altri due chiede dove abiti, l'altro aggiunge: "Sfondiamo il Sindaco". Il dialogo continua immaginando quella che sarebbe stata la reazione del sindaco Alfieri, secondo gli altri due: avrebbe chiesto protezione piangendo da Squecco, che gli avrebbe risposto facendogli notare di essere andato da lui per risolvere un suo problema.

Il progetto dell'attentato

Gli interlocutori, riassume il gip nell'ordinanza, si trovavano quindi d'accordo sul mettere una bomba nell'automobile di Alfieri, che sapevano dove trovare; avevano scartato l'ipotesi di mettere l'ordigno presso l'abitazione di Alfieri. In altre intercettazioni i tre entrano nel dettaglio: l'idea è di sfondare il finestrino dell'automobile e lanciare dentro una "cipolla", come avvertimento, meno potente di una bomba carta che "quando esplode, sfonda tutto" perché le riempiono con "pallettoni, dadi, perni, questa roba qua…".

Successivamente era stato fatto un sopralluogo nei pressi del distributore di benzina dove solitamente il sindaco lasciava l'automobile di mattina. Da altre intercettazioni, rileva il gip, si rileva che era stato fatto un sopralluogo anche nei pressi dell'abitazione di Alfieri, proprio in vista dell'attentato, e che Squecco aveva promesso a De Cesare e Cosentino di pagarli una volta recuperata liquidità. Il progetto non sarebbe stato portato a termine perché i due avrebbero preso definitivamente le distanze da Squecco, ritenendo che ci fossero indagini sul suo conto e pensando che non li avrebbe pagati.

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