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“Mettetevi a posto o sparo a tutti”: così il clan chiedeva il pizzo nei cantieri

Chiedevano il pizzo nei cantieri, minacciando anche gli operai, ma l’imprenditore li denuncia ai carabinieri: 23 indagati, sarebbero legati al clan Pagnozzi.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Immagine di repertorio
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Il cantiere edile doveva "mettersi a posto", altrimenti avrebbe sparato a tutti. Con queste parole erano andati a chiedere il pizzo ad un cantiere della provincia di Benevento, ma l'imprenditore il giorno dopo è andato a denunciare il tutto ai carabinieri. E dopo lunghe indagini, questa mattina sono scattate le misure cautelari per 23 persone, tutte indagate per svariati reati commessi per agevolare il clan Pagnozzi, che opera nella Valle Caudina e nei territori limitrofi.

Tutto è iniziato il 9 luglio del 2021, quando l'amministratore di una impresa edile era andato dai carabinieri a denunciare quanto accaduto il giorno prima nel proprio cantiere, impegnato nei lavori di realizzazione di un’arteria stradale: lavori che erano stati appaltati dal Comune di Castelpoto, in provincia di Benevento, per un valore di oltre 2 milioni di euro. Due persone, giunte a bordo di un'automobile, avevano raggiunto il posto e, pur senza estrarre l'arma, si era rivolto agli operai dicendo loro di abbandonare immediatamente i lavori, altrimenti avrebbe "sparato tutti", in quanto avrebbero prima dovuto "mettersi a posto con la Valle Caudina".

Le indagini hanno immediatamente preso la strada che porta al clan Pagnozzi, clan che secondo l'ultima relazione semestrale al parlamento sulle operazioni della Direzione Investigativa Antimafia, "eserciterebbe la propria influenza nei Comuni di Montesarchio, Sant'Agata dei Goti, Airola ed aree limitrofe, rivolgendo i suoi interessi illeciti al racket delle estorsioni in danno di imprese edili e di attività commerciali, agli stupefacenti e al riciclaggio dei relativi proventi". Questo nonostante "sarebbe attualmente governato da figure meno carismatiche", dopo che le sue "apicali figure storiche risultano decedute o detenute".

Non solo: secondo le indagini partite dopo la denuncia dell'amministratore della società edile, il gruppo gestiva anche un intenso traffico di cocaina e hashish tra il litorale romano, e in particolare ad Aprilia, Anzio e Pomezia, e le province di Benevento ed Avellino. Uno dei luoghi di "stoccaggio" della droga era proprio ad Aprilia, presso casa di uno degli indagati, dove veniva anche tagliata e confezionata prima di prendere la strada della Valle Caudina.

I 23 indagati sono stati raggiunti questa mattina dalle forze dell'ordine: 12 di loro sono stati portati in carcere, 9 agli arresti domiciliari e altri 2 sono stati sottoposti ad obbligo di dimora nei comuni di residenza. Sono tutti gravemente indiziati, a vario titolo, di tentata estorsione, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso e del fine di agevolare l’associazione camorristica denominata clan Pagnozzi.

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