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La Festa di San Gennaro a Napoli

Messa di San Gennaro, il vescovo di Napoli ricorda Chiara Jaconis e le vittime di Scampia e Forcella

“Permettetemi di rivolgere il mio pensiero, che si fa preghiera, a Chiara, ai suoi familiari e amici”: sono le parole del vescovo di Napoli.
A cura di Cir. Pel.
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«Oggi più che mai il mondo ha bisogno di pace, e così con San Gennaro vogliamo domandare il dono della pace, con l'impegno di ognuno di noi», ha detto l'arcivescovo don Mimmo Battaglia, prendendo la parola dall'altare del Duomo all'inizio della celebrazione per il patrono di Napoli, subito dopo aver dato notizia della liquefazione del sangue. «Permettetemi oggi di rivolgere il mio pensiero che si fa preghiera, a Chiara, ai suoi familiari e amici e a tutti coloro che sono nel dolore per la sua morte assurda e tragica. La Chiesa di Napoli vi è vicina» dice Battaglia, ricordando la giovane Chiara Jaconis, ferita mortalmente ai Quartieri Spagnoli da una statuetta caduta da un palazzo.

Il vescovo ha ricordato anche le vittime del crollo alla Vela Celeste di Scampia nel luglio scorso e quelle dell'esplosione a Forcella in agosto.

Diversi i passaggi importanti dell'omelia del vescovo. Una frase molto intensa spiega il senso delle celebrazioni gennariane: «Oggi il vescovo Gennaro ci ricorda che è davvero la fragilità che ci rende migliori». Battaglia ha parlato di emergenza casa e problemi educativi in una città che fa ancora troppo poco per bambini e famiglie.

Spesso guardiamo ad alcune emergenze e alle problematiche sociali solo come problemi da risolvere, dimenticando che possono segnare l'inizio di nuove traiettorie di giustizia e di pace per la nostra comunità.

Pensiamo all'emergenza educativa, o anche a quella abitativa. Certamente sono problemi urgenti che richiedono risposte immediate e lungimiranti, ma al contempo sono un invito a fare luce su un futuro diverso possibile, capace di segnare un cambio di passo per la Napoli che verrà.

Per fare questo, però, occorre ad ogni livello avere coraggio, superare la logica della competizione ad oltranza per abbracciare quella della cooperazione. Cooperare implica il tenersi per mano, lo stare l'uno accanto all'altro, superando le contrapposizioni personali inutili, il lessico violento, la calunnia gratuita, l'offesa come stile comunicativo.

Per passare da competizione a cooperazione occorre far propria la fatica e la forza di chi sa perdonare. Il perdono non è solo uno dei più grandi insegnamenti e inviti di Gesù ma è un tassello fondamentale nella convivenza a tutti i livelli.

Non è mai facile perdonare ma è proprio nel perdono che troviamo la vera libertà, la pace nel cuore, la capacità di andare oltre il male subito e aprirci a un futuro nuovo in cui il fratello e la sorella non sono combattuti come nemici, ma accolti come compagni di viaggio, anche e soprattutto se sono portatori di idee e pensieri diversi dal mio.

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