Mazzette su certificati di morte e per cremazione: 67 arresti tra dipendenti Asl e imprenditori funebri

Un certificato di morte naturale costava 50 euro mentre per il test del Dna, indispensabile in caso di cremazione, servivano 70 euro: mazzette che, secondo le indagini dei carabinieri, erano state praticamente "istituzionalizzate" secondo un tariffario. È il quadro che emerge dalle indagini dei militari del Nas che, in due anni, hanno documentato 300 episodi. L'ordinanza cautelare è stata eseguita questa mattina, 11 marzo, nei confronti di 67 indagati tra carcere e domiciliari; tra i destinatari ci sono cinque dirigenti medici, che intascavano i soldi delle pompe funebri, diversi impiegati dell'Asl Napoli 1 Centro e dell'ufficio di stato civile e 33 imprenditori del settore funebre. L'inchiesta, ha confermato il procuratore aggiunto Sergio Amato, che coordina la Sezione reati pubblica amministrazione, nasce "da una segnalazione dell'Asl Napoli 1 in seguito ad un esposto anonimo". Gli indagati sono complessivamente 96, le misure cautelari eseguite sono 70.
I certificati falsi a pagamento
Dalle indagini, coordinate dalla Procura di Napoli, è inoltre emerso che venivano anche emessi certificati di problematiche di deambulazione per ottenere i pass per i parcheggi per i disabili. Il distretto sanitario nel quale si sono concentrate l'indagini è quello della zona del Chiatamone, lo stesso che anni fa finì al centro di un'altra inchiesta che riguardava, in quel caso, i falsi invalidi.
La trafila impone che il medico vada sul posto, constati il decesso e autorizzi il trasporto della salma, che avviene con certificati dell'ufficio di stato civile. "Attestazioni e firme erano state falsificate", ha spiegato il comandante del Nas di Napoli, Andrea Cisternino, nel corso della conferenza stampa a cui hanno preso parte anche il procuratore Nicola Gratteri, l'aggiunto Sergio Amato, il comandante generale dei carabinieri del Nas Raffaele Covetti e il comandante provinciale dei carabinieri di Napoli Biagio Storniolo.
Nel filmato diffuso dai Nas si vede lo scambio tra denaro e documenti e, in particolare, coi titolari delle imprese funebri, che consegnerebbero al medico legale i certificati già firmai. "L'impresa – ha aggiunto Amato – va dal medico già con la documentazione pronta", e il medico "accertava e attestava di aver fatto visita a casa senza essere mai andato e senza aver neanche prelevato il Dna".

I test del Dna fatti dalle pompe funebri
Le indagini, ha spiegato Andrea Cisternino, comandante del Nas di Napoli, "hanno seguito tre direttrici": l'inchiesta è partita da alcuni casi di assenteismo di medici e, con gli approfondimenti, sono emersi "falsi, certificazioni false, rilascio per esame Dina per procedere a cremazione". Le imprese di pompe funebri implicate sono 33, per un giro d'affari quantificato in 35mila euro, soldi sequestrati contestualmente all'esecuzione dell'ordinanza su disposizione del gip.
Sono stati sequestrati decine di kit per l'esame del Dna dell'Asl Napoli 1 Centro: si tratta di dispositivi tracciati, che possono essere solo in possesso dell'Asl, ma che erano invece nelle disponibilità degli imprenditori funebri. In questo modo, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, i documenti non venivano emessi dal medico legale ma dall'imprenditore funebre, con una ulteriore somma per velocizzare la cremazione con i kit dell'Asl.